Anche quest’anno si sta per concludere senza che nessuno abbia svuotato il fossato del Castello Estense di Ferrara per fare un po’ di pulizia. Dannazione, speravo che il 2013 fosse l’anno buono visto che ricorre il trentennale dall’ultima volta in cui si è provveduto a questa delicata e spettacolare operazione.

Il punto è che la convinzione di uno svuotamento del fossato a cadenza regolare è solo una delle tante convinzioni errate su questo tema che ho maturato fin dal tempo del mio trasferimento a Ferrara. L’eccezionalità dell’impresa, unità alla sua innegabile rarità, ha fatto sì che nel corso del tempo si creassero storie se non proprio leggende metropolitane al riguardo. Nel corso della mia esperienza di studente fuori sede a Ferrara, ne ho sentite diverse. Alcune forse le ho addirittura immaginate, non saprei dirlo con certezza. Come quella già citata della cadenza trentennale dello svuotamento. Spesso mi sono trovato a chiedere a quando risalisse l’ultima volta. Le risposte andavano dal “boh” al “gli anni Ottanta”, senza che nessuno riuscisse mai a fornirmi dati più precisi. Mi è stato anche raccontato, da più persone, che in occasione dell’ultimo svuotamento – compreso tra boh e gli anni Ottanta – venne anche ritrovata la carcassa di una Fiat Cinquecento. Eventualità che mi è sempre parsa improbabile, ma chi sono io per contraddire qualcuno che vive qui da sempre? Altri ancora mi hanno riferito del recupero di decine e decine di biciclette. Questo mi è sempre parso un po’ più probabile.

Ritaglio di quotidiano del 1983 durante i lavori nel fossato del Castello Estense

Ritaglio di quotidiano del 1983 durante i lavori nel fossato del Castello Estense

Deciso a verificare se queste e altre storielle fossero veritiere, mi sono armato dello spirito dello storico per ricostruire questa vicenda. Ritengo di aver avuto fortuna. Non solo ho scoperto che i lavori di svuotamento del fossato avvennero nell’estate del 1983, ma sono anche riuscito a incontrare l’uomo che al tempo diresse il cantiere. Trent’anni non sono un’inezia, eppure l’architetto Marco Borella mi ha dimostrato di saper rievocare con impareggiabile chiarezza presupposti, circostanze e dettagli dell’operazione. “Considerata la durata dei lavori, si trattò dell’evento dell’anno”, mi ha detto durante una lunga chiacchierata avvenuta proprio su uno dei due ponti levatoi del Castello Estense. Borella deve aver pensato di trovarsi di fronte un vero babbeo, visto che tra le prime cose che mi sono sentito in dovere di chiedergli c’era la storia della Cinquecento. “No, non abbiamo ripescato nessuna Cinquecento, – ha risposto sorridendo – però delle biciclette sì, assieme a parecchia altra roba. Sedie, tavoli, ombrelloni di Giori. C’è voluto parecchio tempo per tirare su tutto”. Non vorrei esagerare, ma considero le quasi due ore di colloquio con l’architetto alla stregua di una lezione di storia su Ferrara e sul Castello. Con dovizia di particolari Borella mi ha spiegato che prima dello svuotamento del 1983 il fossato fu prosciugato nel 1951 per quella che “dovrebbe essere considerata una pratica abbastanza usuale” finalizzata alla pulizia dei fondali. Non fosse altro che il fossato del Castello contiene all’incirca 15mila metri cubi d’acqua e ne riceve 2mila al giorno dal canale che lo collega al Po di Volano. Insomma il suo prosciugamento pone delle sfide non semplici in ambito pratico.

Foto di Claudio Furin

I lavori del 1983 nacquero dall’esigenza di rimuovere dal fondo del fossato un pauroso strato di ben settanta centimetri di melma accumulatasi nel corso dei decenni. Si cominciò attorno al 1980 a ragionare sul da farsi e si optò per procedere a un vero e proprio espurgo della fossa attraverso il drenaggio dell’acqua. Venne quindi chiuso il canale di collegamento col Po di Volano e questo fece automaticamente scendere il livello del fossato di circa ottanta centimetri, grazie al collegamento in uscita verso i condotti fognari. Il resto fu dragato con l’ausilio di pompe poste su tutto il perimetro della fossa: l’operazione richiese diverse settimane e probabilmente richiamò una percentuale di umarells come mai nessun cantiere allestito prima a Ferrara. Tuttavia ci fu un altro aspetto non secondario da considerare: la sorte dei pesci che dimoravano all’intero del fossato. Furono pescati tutti e portati in una riserva naturale ad Aguscello. Con la fossa libera dall’acqua, venne il tempo degli scavatori. Il primo, calato con cura mediante una gru, affondò mestamente nella melma prima ancora di poterlo azionare. L’imprevisto costrinse gli operai ad approntare un complesso sistema di zattere e pontili in grado di garantire stabilità ai mezzi. Per lunghe settimane gli scavatori rimossero quintali e quintali di fanghiglia e si imbatterono in oggetti di ogni tipo, compresi vasi, monete, vecchi reperti bellici risalenti al secondo conflitto mondiale. Oltre ovviamente alle già citate biciclette. Reperti archeologici di nessun valore, nonostante i propositi archeologici ci fossero eccome: al tempo i funzionari della provincia, con in testa l’architetto Borella, andarono alla ricerca di testimonianze degli eventi dei secoli precedenti all’interno della fossa, come frammenti dello stesso Castello che sarebbero crollati al suo interno col terremoto del 1470. Si tentò anche di raggiungere le fondamenta del vecchio forte eretto dagli Este, senza alcun successo.

Ognuno a Ferrara sembra aver la sua storia personale da raccontare sullo svuotamento del fossato. Mentre ero impegnato in una ricerca alla Biblioteca Ariostea, un bibliotecario mi ha raccontato che al tempo alcuni suoi amici della goliardia scesero sul fondo per piantare un ombrellone e un cartello con la scritta “Lido Estensi”. Di sicuro c’è che tra le mie convinzioni sbagliate c’era anche quella riguardante la qualità dell’acqua del fossato. Ho sempre creduto fosse la più sporca presente a Ferrara e dintorni. Borella ha smentito con grande disinvoltura: “Poteva esserlo negli anni Ottanta, ma ora c’è un controllo periodico dell’acqua condotto in collaborazione con l’Università di Ferrara. E i dati a disposizione dicono che – grazie agli interventi di quei giorni e ad altri accorgimenti seguenti – l’acqua del fossato è persino più pulita di quella che arriva dal canale del Po di Volano”. Comunque non è una buona scusa per tuffarvisi dentro alla prima occasione.

Anche se c’è chi l’ha fatto, inconsapevolmente o meno. Tutti o quasi ricordano i tuffi di alcuni tifosi durante le vittorie dell’Italia ai mondiali del 1982 e del 2006, pochi invece hanno sentito parlare della Contessa Caterina Sacrati Turchi o di Romano Lisandri. La prima era una nobildonna del Cinquecento che secondo le cronache del tempo trovò la morte precipitando proprio nel fossato, in un freddo pomeriggio del gennaio 1507. Peraltro con una dinamica abbastanza drammatica. La donna era infatti in viaggio sul suo carro assieme a delle amiche, quando il cocchiere fu distratto dalla vista di un prigioniero chiuso in una gabbia agganciata alla Torre dei Leoni (sì, all’epoca si faceva anche questo). Considerato che ancora non era stato eretto il muretto che a tutt’oggi vediamo, il carro finì nella fossa con tutti i suoi occupanti per il più triste degli epiloghi.

Romano Lisandri era invece l’opposto della persona di nobile stirpe: per anni visse a Ferrara facendo avanti e indietro dal carcere dell’Arginone e facendosi conoscere come una sorta di senzatetto anarchico che rifiutava ogni tipo di ordine o convenzione sociale. Mi è stato raccontato che più di una volta decise di offrire un suo personale show ai passanti delle cosiddette “Quattro Esse”, arrampicandosi sul muretto del fossato tenendo in mano una saponetta e tuffandosi di sotto. Sopravvisse a tutti i suoi tuffi, non sopravvisse all’inverno del 2007, quando venne trovato morto nei pressi del Teatro Nuovo a causa del freddo.

Nel frattempo un altro mondiale di calcio è dietro l’angolo, e chissà che non capiti di vedere qualche altro tuffo. Altri svuotamenti invece non sembrano imminenti: “Chissà – mi ha detto laconico l’architetto – di certo c’è che la situazione ora non lo richiede e le spese sarebbero enormi, non in linea col momento che stiamo vivendo. Più che alla pulizia però sarebbe bello si pensasse a come valorizzare al meglio il fossato. Qualcosa in passato è stato fatto, addirittura negli Cinquanta venivano organizzate delle gare di pesca, ma mi sembra che oggi ci siano poche idee”. Mentre parlavamo, appoggiati leggermente al muretto, guardavamo le carpe gironzolare appena pochi metri sotto di noi. A pelo d’acqua qualche cartaccia di troppo e qualche bottiglietta di plastica: “In fondo – ha concluso Borella – il fossato non è niente di meno che una delle tante piazze della città, solo che non pensiamo mai di doverla pulire come si fa con le altre”.

“Siete fortunati, era da 500 anni che non si girava in barca per il fossato del castello”: 500 anni fa Ferrara era Ferrara, e questa frase, pronunciata con la stessa calma che contraddistingue le immobili acque attorno al Castello Estense, il vogatore in piedi racchiude l’eccezionalità di un giro in barca nel Fossato. Le immagini di questo articolo sono state infatti realizzate a bordo di una placida ma ferma barchetta, che ha ripreso a solcare il piccolo mare antico nel centro della nostra città dallo scorso agosto. Il merito è dell’associazione “I Barcar ad Puatel”, i battellanti del Poatello, come viene altresì chiamato il canale derivante dal Po, detto anche più comunemente di Volano, retaggio del corso antico. Dal 2000 un gruppo di appassionati di barche rigorosamente senza motore hanno deciso di far rivivere l’antica tradizione della navigazione a remi lungo i corsi d’acqua della pianura padana. E Ferrara, da sempre legata al Po, racchiude storie d’acqua e sull’acqua, che oggi rivivono grazie alla volontà di questo gruppo tutto ferrarese (il nome in dialetto già dice tutto) di voga tradizionale, diretto da Antonio Antonioni. Che, al termine della gita nel fossato, mentre ci aiuta a risalire sul pontile ai piedi della Torre dei Leoni, ci spiega il programma di attività dell’associazione. Per tornare a far parlare le calmi ed eterne acque della nostra città.

13 Commenti

  1. roberto lizzi scrive:

    Il giorno in cui iniziò a comparire la carcassa del ‘500 c’ero, confermo quindi il ritrovamento.

  2. Sergio scrive:

    A proposito di attività per la rivalutazione del fossato, ricordo che negli anni ’90, in occasione della Festa della Matricola del 600’rio dell’Università, cercammo di organizzare una disfida tra i gruppi goliardici invitati, in barca nel fossato, ma putroppo impedimenti tecnici legati alla “salubrità” delle acque fecero naufragare il progetto. Peccato, chissà se l’attuale Duca non riesca a realizzare l’impresa alle prossime Feriae Matricularum!!

    • Bruno scrive:

      Ricordo in lontano passato in cui si narrava di una impiegata del castello che tentò il suicidio gettandosi da una alta finestra nei pressi pressi della torre dei leoni e fu salvata da un collega tuffandosi a sua volta.Ma quanto è profonda l acqua del fossato?

  3. Alberto Banzi scrive:

    io sapevo del eccezionale pescaggio di un gobbo di settanta chili…………………..caduto per sbaglio ubriaco con la bicicletta e tutto il resto, leggenda tragicomica, tramandata da immemore annata.

  4. Emiliano Rinaldi scrive:

    Una curiosità sul fossato del castello, direttamente da un cinegiornale dell’epoca: una gara col sandolino
    http://www.youtube.com/watch?v=3u3MEXvwDA0

  5. Andrea scrive:

    Avrei qualcosa da correggere, forse, nel racconto dei gogliardi che nel 1983 collocarono sdraio e ombrellone e tavolino nel fossato. Lo ricordo bene quel fatto. Hanno aspettato che finissero quasi lavori, nel momento cioè in cui nel fondo avevano appena messo sabbia pulita. Hanno collocato durante la notte l’attrezzatura balneare nella parte del fossato all’angolo dei 4S. Al mattino passai per andare in Università e vidi ridendo come un matto quanto avevano fatto. Il cartello però non mi pareva dicesse “Lido Estensi”, ma mi pare proprio ci fosse scritto “Bagno Ducale”. Erano gli anni ruggenti del duca con in capelli rossi: non poteva essere diversamente.
    A mezzogiorno ripassando per andare a casa vidi che avevano già sgombrato tutto. Una tristezza….

  6. Paola scrive:

    Bravo, bellissimo e interessante articolo !

  7. compagnia piccoli tocchi di teatro scrive:

    bella storia! 🙂

  8. Andrea scrive:

    Salve, scusate, ma io ricordo il castello svuotato dall’acqua negli anni (diciamo) 90′, in occasione dell’ installazione delle fontane…e così altri miei colleghi…
    Ma siete sicuri che sia stato svuotato solo nel 1983 ?
    Grazie

  9. Giuseppe scrive:

    Devo aver fatto diverse diapo all’ epoca.
    Se le trovo le metto in condivisione.

  10. angelo andreotti scrive:

    sono del 1936 ho lavorato con il camion 1956 circa e lavoravamo di notte per non sporcare corso giovecca a scaricare la melma tolta dal castello per lo svuotamento e la portavamo in via Pontegradella nei buchi dell’ex fornace sef di droghetti e masotti.

  11. roberto scrive:

    ricordo che il fossato fu svuotato e parzialmente pulito nel ’98.
    Grazie per il tuo articolo.

  12. barbara scrive:

    articolo stupendo

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