«Quando si parla di prostituzione lo si fa in relazione agli scandali politici, o sull’onda dei casi mediatici che riguardano le minorenni. Sono argomenti eticamente forti sui quali schierarsi ideologicamente, facili da spendere. Difficilmente si parla della violenza cui sono sottoposte le donne che esercitano quest’attività, che pure è molto diffusa e poco denunciata». Così racconta a Listone Magazine Dora Casalino, referente a Ferrara di Luna Blu, progetto regionale impegnato sul territorio estense dal 2001 per contrastare la tratta e lo sfruttamento della prostituzione, per tutelare la salute delle sex worker come quella della comunità in cui esse lavorano. L’attività di Luna Blu comprende uscite notturne di monitoraggio e di contatto, colloqui diurni – che si svolgono in un luogo apposito, ad accesso libero – e accompagnamento sanitario.

Da una chiacchierata con Dora e le sue collaboratrici si scopre sicuramente una città diversa rispetto il sonnolento paesone a cui la maggior parte dei ferraresi sono abituati, una città che – in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne – è doveroso ricordare. Grazie ai racconti di Maria Vittoria Cenacchi – addetta ai temi sanitari – si scopre ad esempio come, nonostante le decennali campagne preventive tuttora la maggior parte dei clienti cerchi di convincere le prostitute ad avere rapporti non protetti. Si scopre che tanti clienti non chiedono alle prostitute sesso, ma semplice compagnia: «una ragazza mi ha raccontato di aver guadagnato 400 euro passando la serata a casa di un uomo che voleva solamente averla accanto sul divano, per guardare la televisione assieme».

Si scopre purtroppo come la violenza non sia per nulla episodica, ma abituale e continuativa. «La rapina al termine della prestazione è molto comune ma non mancano casi di sequestro e omicidio – spiega Dora -.  La quasi totalità di queste violenze resta impunita, non denunciata. Le donne spesso vivono qui come clandestine, hanno paura di essere schedate. In Romania ad esempio la prostituzione è reato, ma tante ragazze che stanno qui e provengono dall’Est non sanno che in Italia non è così. Non sono informate e queste le pone in una condizione di grande fragilità. Inoltre la mancanza di una regolamentazione alimenta la tratta, alimenta le aggressioni. Le prostitute non sono tutelate, sono sempre vulnerabili».

Foto di Giulia Paratelli

Meno pericolosa per l’incolumità fisica delle ragazze sembra essere la relazione economica con chi guadagna dalla loro attività: «non è più come vent’anni fa, con i papponi che ti prendono a pugni se non raccogli abbastanza denaro. Le reti criminali si sono aggiornate, hanno capito che una donna riempita di botte non è produttiva, e che è meglio evitare la denuncia. Adesso c’è più negoziazione, accordi che stabiliscono come ricompensare chi si occupa della logistica. Non mancano rapporti pseudo-affettivi. È un classico il fidanzato che porta la ragazza in Italia per realizzare insieme il sogno di una vita, e poi invece l’accompagna in strada. In queste situazioni si sviluppano una serie di ricatti affettivi da cui è difficile prendere le distanze. Le ragazze non raramente sono molto innamorate, dovrebbero riuscire a mettere la parola fine a un rapporto malato. In generale comunque il meccanismo retributivo è cambiato: non si paga più lo sfruttatore ma si paga la piazzola, si paga chi controlla quella zona del territorio, funziona come il mercato della droga».

Negli ultimi anni è aumentato considerevolmente il numero delle persone che preferiscono esercitare al chiuso, negli appartamenti. Secondo Dora la crescita dell’esercizio indoor dipende da molti fattori: in parte dalla crisi economica, che ha spinto molte donne a cercarsi un secondo lavoro per integrare, in parte dalla diffusione della navigazione online, che ha reso possibile modalità di contatto una volta impensabili. Per capire come funziona e come si sta sviluppando questo fenomeno Luna Blu ha attivato dal 2006 il progetto Invisibile, ovvero ha iniziato a contattare telefonicamente le donne che lavorano in casa, per costruire con loro un rapporto di fiducia e avvicinarle ai servizi sanitari. «Ci preoccupa la situazione costiera – continua Dora -. Almeno la metà degli annunci pubblicati dai quotidiani ferraresi dirotta i clienti verso Lido delle Nazioni, in qualche caso a Lido di Spina. Per gli uomini è utile allontanarsi dal luogo dove vivono, magari con la famiglia. Preferiscono ovviamente un posto poco frequentato, e i Lidi favoriscono l’anonimato, è facile confondersi nella serie di palazzoni tutti uguali, non essere visti. Abbiamo discusso di questo anche con i carabinieri, l’urbanistica aiuta. Gli italiani che affittano sono consapevoli dell’uso che verrà fatto degli appartamenti e proprio per questo chiedono dei costi esorbitanti. Alla fine chi ci rimette sono sempre le persone che svolgono l’attività. Inoltre l’isolamento della zona favorisce ulteriori violenze».

Una delle attività svolte da Luna Blu è anche quella di prevenire e mediare il conflitto sociale: «nelle zone dove esercitano le prostitute i residenti temono che il valore delle loro abitazioni diminuisca, inoltre percepiscono una situazione di disagio e degrado. Questi fattori alimentano la sensazione di insicurezza. È vero che la prostituzione spesso avviene negli stessi luoghi dello spaccio, ma le due attività non sono legate. I fenomeni convivono per una questione logistica: per entrambi è utile posizionarsi in un luogo di transito. A Ferrara le zone sono sempre le stesse: l’area attorno alla stazione, via Beethoven, via Oroboni, dietro il quartiere Krasnodar. In questi luoghi cerchiamo di operare in modo molto concreto. Lavoriamo assieme ad Hera affinché ci sia un equipaggiamento adeguato per ridurre i rifiuti. Invitiamo le ragazze a non sporcare, a non litigare a voce alta, ad abbassare la suoneria del cellulare. Spesso bastano piccole azioni a risolvere i problemi con gli abitanti che vivono nelle stesse strade ma di giorno». Fondamentale a questo scopo la presenza della mediatrice culturale, Amarachi Ajuzie.

La prostituzione in casa, all’interno delle mura, è invece diffusa a macchia di leopardo. Niente a che vedere con le case chiuse descritte da Bassani. «L’Emilia Romagna ha una storia molte forte in questo senso, ma prima si viveva in un altro mondo – conclude Dora -. È un bene che siano state abolite le case chiuse: le malattie erano una costante, le ragazze venivano private della loro libertà. Diversa la situazione degli appartamenti di via delle Volte: ci si conosceva tutti e per questo difficilmente si verificavano aggressioni o abusi. Questo dato dovrebbe far riflettere: è inutile fingere che il sesso a pagamento non esista e che non continuerà ad esistere ancora per lungo tempo. È un argomento di cui dobbiamo farci carico, e non solo come questione femminile. La figura maschile spesso viene esclusa dalla partita ma in verità è l’attore principale. Si dibatte su cosa sia meglio, se vietare o legalizzare, su cosa sia o non sia morale, ma non si tiene conto del fatto che se c’è chi propone dipende dal fatto che c’è chi chiede. Bisogna capire chi sono i clienti e cosa vogliono. Chi cerca questi servizi sono uomini di tutte le età e di tutte le fasce sociali, studenti, operai, professionisti. La criminalizzazione del cliente, additato pubblicamente come un mostro, è un tassello del sistema che produce violenza. Il sesso a pagamento è percepito come qualcosa di cui vergognarsi, e chi lo cerca si sente vittima di sé stesso. Cresce così una spirale di rabbia e senso di colpa che spesso sfocia nell’atto violento».

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