Per Goethe e i romantici l’architettura era musica congelata. Non una musica scultorea ma una musica in connessione con il mondo intorno, con la realtà di ora e il quotidiano di sempre. Gianluca Lomarco, ventitré anni, studente di architettura, è presidente dell’Over_View, club di architettura formato da studenti universitari della Facoltà di Ferrara. Viene da Carpi, in provincia di Modena ma Ferrara l’ha ormai rapito da tempo. Siamo a Palazzo Tassoni, la sede di design di fianco alla facoltà di Architettura.  Il salone al primo piano è monumentale. Ci posizioniamo lì, due sedie in un salone delle feste vuoto e altisonante, sotto una luce riflessa da una finestra d’ottobre.

“Quali sono le prospettive per un neolaureato in architettura? Mettersi il diploma sotto braccio e correre al primo aeroporto, direi io”. Gianluca scuote la testa. “ Io mi sento positivo. Ho degli ottimi esempi sotto gli occhi”. Gianluca si riferisce ad Angelo Matteoni e Tommaso Badiani, ex studenti di Architettura e ora giovani architetti ferraresi. “Nonostante la crisi – racconta Gianluca – sono pieni di lavoro. Hanno ristrutturato un negozietto in via Adelardi, a fianco della cattedrale, che si occupava di vendite di beneficienza a favore dei carcerati e senza far spendere un soldo al proprietario, solo vincendo un bando pubblico”. Pare che di bandi sul territorio non ne manchino. Di recente Matteoni e Badiani hanno partecipato a un bando che finanzia gli interventi di restauro e di recupero delle pescherie della Riviera. “Il bello è che sono riusciti a coinvolgere anche neolaureati e studenti di architettura, creando una connessione sinergica tra mondo accademico e mondo del lavoro. C’è crisi oggi ma il territorio ci sta chiamando”  dice Gianluca. “E’ la figura dell’architetto che deve cambiare, presentare un disegno e aspettare i soldi dall’alto non basta più. Bisogna proporsi in modo diverso. L’architetto oggi deve avere uno sguardo aperto sul territorio, rispondere alle esigenze che ci sono in modo realistico”. Rispondere alla realtà che ci circonda, alle cose che già ci sono insomma. E cominciare dal basso. Anche da una pescheria. Un approccio realistico e poco elitario: “All’università ti insegnano a diventare quel grande progettista che non sarai mai, e non t’accorgi che la realtà ti sta chiedendo qualcos’altro. Non sarai il prossimo Renzo Piano o il prossimo Calatrava forse”. Ma forse non è di questo che abbiamo bisogno.

Foto di Giulia Paratelli

E’ innegabile come le dimensioni contenute di Ferrara e la vita a dimensione d’uomo aiutino a far entrare in connessione i satelliti. Così non è impossibile che un neolaureato di Architettura venga chiamato da un amico con un problema, il restauro di un negozio o il recupero di un locale, e che questo chiami un suo ex compagno di studi per dargli una mano.”  In questo campo e in questa città é più facile che ci sia un dialogo tra le risorse, i neolaureati, e i datori di lavoro, in cerca di gente fresca”. All’ OVER_VIEW la gente fresca non manca. I trenta soci sono impegnati da sette anni nella progettazione di viaggi culturali nelle città europee di rilievo storico e artistico. Sono stati a Venezia a visitare i padiglioni della Biennale di Architettura, a Barcellona a parlare con Etsuro Sotoo, il direttore dell’eterno cantiere della Sagrada Famìlia, ad Amsterdam a studiare il complesso Silodam che sorge in mezzo a un fiume, al quartiere Kralingsen di Rotterdam, alla cattedrale di Colonia e poi ancora Parigi Lione, Basilea, Berlino.

Inutile dire che questi viaggi sono molto richiesti. La disponibilità è di cinquanta posti, un pullman. “La mattina ho inoltrato l’invito e in pochi minuti ho ricevuto sessanta email. Già se qualcuno aveva letto l’email all’ora di pranzo era troppo tardi”. Si viaggia sui sedili come nelle gite scolastiche, magari con un auricolare per uno, si fanno tappe in almeno due Paesi, con una scaletta precisa dei monumenti, degli insediamenti residenziali e di tutti i complessi architettonici che non possono mancare in un viaggio nell’architettura. Il 26 ottobre siamo risaliti sul pullman, rotta verso Amburgo e Copenhagen. Il viaggio è aperto a tutti gli studenti di Unife, non solo alla Facoltà di Architettura.

Com’è nata quest’associazione? “Dall’idea di due ragazzi, dalla loro passione per l’architettura e dalla voglia di incontrare chi fa questo lavoro.  La passione non è che la scegli, è una cosa che ti trovi addosso. E devi farci i conti”.  Agli studenti di OVER_VIEW  le quattro pareti di un’aula stanno un po’ strette.  Vogliono capire, approfondire tutto quello che li ha colpiti e appassionati durante le lezioni. Non tanto per vedere gli architetti da vicino. Ma per conoscerli, parlarci, scambiare dubbi, capire come si muovono nel loro lavoro. “Per questo organizziamo ogni anno un viaggio. Non è una vacanza, è impegnativo. Per capire uno spazio bisogna esserci, sentirne l’atmosfera, le luci. L’estero ti spiazza. Perché se visiti Amsterdam in primavera e poi ci torni in autunno magari dove prima c’era un grande spazio vuoto ora c’è un palazzo gigante. In sei mesi in Italia non fai niente, nemmeno il tempo per i permessi burocratici!”

Sappiamo tutti che i Paesi nordici investono moltissimo nell’arte, nello studio e nella progettazione e che metropoli come Amburgo, Berlino e Rotterdam sono cantieri architettonici impressionanti e all’avanguardia. Ma ci sarà pur qualcosa che noi abbiamo e loro no, sole a parte. “All’estero manca una visione d’insieme tra il monumento e il resto tutto intorno. Per esempio la cattedrale di Ferrara senza la piazza intorno non è la cattedrale di Ferrara. Non bisogna considerare solo il monumento ma anche quello che gli sta intorno, tutto il tessuto medievale”. Non si può pensare un’architettura senza pensare alla gente insomma. La funzione del viaggio è proprio quella dello stimolo continuo alla riflessione. Non tanto di rispondere alle domande ma di porle e sappiamo bene che è l’intelligente a conoscere le risposte ma è sempre il genio a scovare le domande. Cos’è l’architettura, chi è l’architetto oggi, come si sviluppa un’idea e come si concretizza nel mondo reale?  Di sicuro fare l’architetto oggi è tutt’altra cosa rispetto al passato. E ha che fare con il tempo. “Sì, una casa oggi nasce già con la data di scadenza. Ormai  le case sono progettate per durare poco, cinquant’anni magari, opere infrastrutturali a parte, mentre nel Medioevo si sognava l’opera eterna. Non a caso l’Italia è più attiva nella conservazione e nel restauro più che nella progettazione”.

Per avere le idee più chiare bisogna parlare con chi scava dentro questa  professione da anni. Molto frequenti, infatti, sono le visite dell’OVER_VIEW a studi famosi (Lelli & Associati, MVRDV durante il viaggio ad Amsterdam, ARCHEA associati) e le interviste come quella all’Architetto Segantini dello studio C+S, a Cino Zucchi,  a Campo Baeza. Non mancano nemmeno gli incontri e i concorsi aperti agli studenti come l’incontro sul Bene Comune e il concorso di fotografia Casa all’italiana. L ‘architettura è forse la più utile forma d’arte in quanto forma pratica di una riflessione psicologica.

La fuga dei cervelli all’estero non fa per Gianluca. Sono tanti  i laureati che partono e tanti quelli che restano. I dubbi abitano le meningi di entrambi,  come nel bellissimo videominuto Dubbio made in Italy di Stefano De Marco e Niccolò Falsetti, video virale di qualche anno fa di due italiani emigrati all’estero http://vimeo.com/45967618?action=share. C’è chi è partito ed è felice e c’è chi ha saputo fermarsi in tempo. E c’è chi rimane sempre, gli occhi alla finestra. “Io amo questo Paese e amo Ferrara. Non riuscirei a separarmene. Qui mi sento a casa e se uno si sente a casa è portato a curare il proprio spazio. Uno che non cura casa propria vive male”. Gianluca cita i Custodi della bellezza, corporazione medievale che ripuliva le zone pubbliche delle città all’epoca di Boccaccio. Un architetto dovrebbe essere un po’ così. Un rinnovatore e uno spazzino del bello.

4 Commenti

  1. Tommaso scrive:

    Finalmente qualcuno che non si lamenta e basta!!! Bravo Giangi!!

  2. Nicoletta over40 scrive:

    Che ci siano giovani con questo sguardo e questo cuore … bè ci allarga la speranza …. !!! Continuate così ….

  3. Andrea S. scrive:

    Interessante interpretazione del ruolo dell’architetto moderno.

    Risponde alle tante (forse troppe) richieste di restauro e di conservazione delle città più ricche di beni architettonici in Italia, da sempre sottovalutate dai mille impedimenti della burocrazia ipertrofica spesso incompetente che ci ritroviamo.

    Spero che tra “chi è partito ed è felice” ci sia sempre più tra i giovani talenti italiani “chi ha saputo fermarsi in tempo” senza fuggire sul primo aereo in partenza. E tra “chi rimane sempre, gli occhi alla finestra”, sempre più decidano di mettersi in gioco per rendersi utili al proprio Paese come nuovi “Custodi della Bellezza”.

    L’Italia ce la potrà fare se le buone idee troveranno chi le realizza.

  4. Fagiano scrive:

    Sono rimasto molto colpito da questa intervista.
    Mi affascina perché, da “profano” del mondo dell’architettura (pur interessandomene da sempre), ho sempre letto in quell’ambiente una certa prosopopea leaderistica con la tendenza implicita a mettere troppo spesso l’ambizione dell’artista (?) davanti alle “leggi non scritte” che regolano (o dovrebbero regolare) il rapporto con la comunità e con il territorio.
    Ecco: nelle parole di Gianluca Lomarco non trovo nulla di tutto ciò. Anzi: scoprire che nella città in cui vivo esiste un “club” universitario che si approccia all’architettura con la disposizione che leggo in queste righe mi conforta.
    Complimenti e in bocca al lupo.
    E complimenti anche a ListoneMag che si conferma l’unica testata ferrarese in grado di scrivere qualcosa di interessante.

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