I muri dell’Osteria Adelardi, in questo inizio di ottobre, sono stati animati dalle fotografie di Giorgio Ranù, nato a Taranto, 31 anni fa, cresciuto nella suggestiva Rocca Imperiale. Arriva a Ferrara per studiare architettura e scopre la sua città ideale. Forse qualcuno si sarà riconosciuto nelle sue foto scattate nei locali della nostra città e avrà sorriso di fronte al suo obiettivo. La passione per la fotografia nasce vent’anni fa, quando “rubava” la Rollei35 a sua mamma, la più piccola 135mm. La passione cresce con Giorgio che capisce che fotografare diventa il modo per esprimere la sua visione del mondo: oggi viaggia con la sua macchina per raccontare cosa succede intorno a noi. I suoi maestri sono stati il fotografo ferrarese Marco Marzocchi e Vincenzo Tessarin, reportagista, per il quale il viaggio stesso era la meta alla quale arrivare, nelle sue foto Giorgio “vede i sentimenti delle persone ritratte, dagli occhi dei suoi soggetti traspare la naturalezza e l’autenticità”.

Le foto in mostra agli Adelardi si riferiscono a due viaggi di Giorgio, uno a Budapest e l’altro a Roma, due città così uguali e così diverse.

Gli stessi colori nella bandiera, come se fosse vista allo specchio, sembra riflettere anche la diversità delle due capitali: Budapest, ricca di scorci e prospettive architettoniche, una città giovane e vivace, in pieno boom economico; ci sono iniziative, l’imprenditoria è attiva; il nuovo governo, di matrice nazionalista, ha dato un impulso vitale alle capacità del popolo ungherese.

Dall’altra parte Roma, magnifica, imponente, un passato glorioso evidente in ogni angolo, ma anche una città che vede protagonista la nuova povertà: persone che dormono per strada, arrancando giorno dopo giorno che condividono gli stessi spazi di un popolo cieco, persone che vivono la città in maniera indifferente ignorando il cambiamento che li sta travolgendo.

Con Giorgio ci incontriamo all’Osteria in una ventosa serata, per raccontare il suo progetto e le sue immagini.

Quando è iniziato questo progetto?

Le prime foto sono state fatte a Budapest due anni fa. Un viaggio con la mia ragazza, Nicoletta. Le foto di Roma, invece le ho scattate durante un viaggio che ho fatto per un progetto fotografico. Una mattina in cui avevamo 5 o 6 ore di pausa, avevo la mia macchina fotografica in mano e mi sono detto “va bene, io inizio”, e così mi sono messo a passeggiare per Roma. Mi sono fatto circa 18 chilometri in una sola mattina, toccando tutti i punti turistici e non, tra Trastevere, i parchi e il centro di Roma.

Foto di Giorgio Ranù

Perché hai scelto proprio Budapest?

Perché avevamo la curiosità di vedere una città nuova; una capitale che non fosse stata già visistata da amici che mi potessero bruciare la sorpresa. Andare a Londra o Berlino è sicuramente bellissimo, però ci sono state tantissime persone, vedo le loro foto in giro e mi abituo già prima di arrivare a quello che vedrò, rischiavo di andare a vedere le stesse cose che avevo già visto attraverso le fotografie degli altri.

Trovarti in una città nuova dove sei sperduto, con una lingua, come l’ungherese, di difficile comprensione e scoprire che le persone sono disposte ad accompagnarti, a prenderti letteralmente per mano, chi ti dice andiamo insieme perché devo fare la tua stessa strada, è una cosa che mi ha fatto riflettere, e pensare “ma noi siamo così disponibili?”.

Raccontaci un po’ di più del tuo viaggio a Budapest, che città hai trovato?

Dico la verità, sono partito convinto di trovare una città poco evoluta, dopo il regime sovietico e la Perestrojka. Sono arrivato all’aeroporto e mi sono ricreduto immediatamente: ho scoperto una città viva, non solo in piena rinascita, ma anche con uno sprint incredibile nella crescita economica e sociale. A Budapest lavorano tutti, o almeno dove sono stato io ho visto pochissima disoccupazione. È una città piena di locali nuovi, ho notato tantissime imprese italiane; c’è una via commerciale molto grande, la Vàci Utca, la tipica strada commerciale presente in tutte le grandi città europee, piena di negozi di qualsiasi tipo, caotica e affollatissima di gente, come Corso Buenos Aires a Milano. Un’altra cosa che mi ha colpito è l’accoglienza che il popolo magiaro riserva ai turisti stranieri, sono sempre stato accolto benissimo, ovunque mi trovassi, qualsiasi persona dai bambini agli adulti sa l’inglese e cerca di agevolarti in qualunque modo.

Ho trovato anche tantissimi spunti creativi, ad esempio un’agenzia grafica presentava i suoi collaboratori attraverso cartonati posizionati sul balcone, era bellissimo e stranissimo nello stesso momento, arrivi da lontano e sembrano tante persone affacciate, invece sono i creativi dell’agenzia che si presentano al pubblico, diciamo direttamente, mettendoci la faccia. Ho percepito la forte presenza dello spirito nazionalista – ho visto bandiere ovunque – instaurato dal nuovo governo, che nello dare nuova vita alla nazione ha anche limitato molto la libertà di stampa, ma su questo ho rivisto un po’ quello che è successo anche in Italia.

Un ricordo particolare?

Le fermate della metropolitana. Non erano presenti tornelli, ma ad ogni entrata della metro c’era una persona che controllava il biglietto e scambiava amichevolmente una parola, dal ragazzo che stava svolgendo il servizio sociale al pensionato che arrotondava la propria pensione. La mattina, quando prendevo la metro, presto o tardi che fosse, avevo sempre il buongiorno assicurato.

Se vado a Budapest, che locale mi consigli?

Sicuramente lo Szimpla Kert, locale situato in un vecchio palazzo del quartiere ebraico della città. È formato da un intrecciarsi fitto fitto di stanze, corridoi, scale, cortili coperti e ballatoi, il tutto arredato nel modo più bizzarro e casuale possibile. Puoi mangiare e bere, prendere un the, il tutto in un’atmosfera davvero rilassata e amichevole. La cosa che mi è rimasta più impressa, e ripensandoci mi fa ancora sorridere, è stata il bagno: c’erano dei water appesi sul soffitto in corrispondenza di quelli reali, una cosa davvero straniante. Da quel momento ho preso la macchina in mano e ho iniziato a scattare tutto quello che vedevo.

Che macchina fotografica hai usato?

Ho utilizzato la mia reflex, una macchina compatta che uso in particolare quando viaggio.

Invece, passando a Roma, cosa mi racconti della nostra capitale?

Roma atterrisce. Da sempre mi mette in soggezione: tutto è grande, imponente e fuori misura. Ci sono edifici perfetti come il Pantheon: magnifico, spazioso, tanta aria e i giochi di luce creati dai raggi del sole che entrano dall’apertura superiore. Roma è caciara, non hai attimi o luoghi di silenzio, tutto è oltre misura. Ho però trovato una nuova povertà, tanti mendicanti ovunque a differenza di Budapest, persone che dormivano per strada a qualsiasi ora del giorno. Ho visto un approccio differente anche nei confronti dei turisti, non siamo preparati ad accogliere gli stranieri come avviene negli altri paesi europei. Ho percepito uno spirito che riconosco tipicamente italiano, la malinconia del “poteva andare meglio, ma ormai è tardi”, non c’è la reazione che ho visto nella capitale magiara.

Intanto che guardiamo le foto, ci soffermiamo su due immagini in particolare, la prima in cui ci sono due uomini che dormono, e un’altra in cui c’è un arrotino in centro a Roma.

La prima foto l’ho scattata in una via in cui ho visto questi due uomini, che dovrebbero “controllare” un braciere e invece stanno dormendo entrambi, mi piace particolarmente perché sono tutti protagonisti dell’immagine compresi i coni di carta, tutti convergono verso il centro. Invece, l’arrotino l’ho immortalato in via del Babbuino, in pieno centro storico, trovo questa scena simpatica, un lavoro così antico e umile in una via del Tridente della capitale.

Hai lanciato il progetto “Foto in baratto”, di cosa si tratta?

A volte le mostre, si trasformano in mostre-mercato, ho quindi proposto che se un cliente dell’Osteria volesse comprare una mia foto non la vendo, ma la baratto con una donazione a Emergency. Chi è interessato può fare una donazione all’organizzazione di Gino Strada e presentarsi all’Osteria barattandola così con la foto che gli piace di più tra quelle esposte. Le foto non hanno un prezzo definito; la loro stampa è stata autofinanziata.

Ti ha aiutato qualcuno nella scelta e nell’allestimento?

La mia ragazza Nicoletta, con la quale condivido il mio sostegno a Emergency, mi ha aiutato a ritagliare i supporti e ad allestire la mostra, mentre il mio ex coinquilino mi ha dato consigli su come esporre al meglio e sul tipo di sostegno da scegliere per le immagini.

Qualcuno ha aderito al tuo progetto? Hai barattato qualche foto?

Non mi sono voluto occupare direttamente del baratto, il personale del locale è stato informato dell’iniziativa e gestisce in toto le donazioni; al momento ci sono state alcune persone che sono particolarmente interessate.

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