Ogni casa è lo scrigno di un segreto. Ci penso andandomene via da quella in cui abita Marcello Carrà, con suo padre. Una casa dalla quale sembra non riuscire a distaccarsi, nei suoi tre piani che come un collage compongono la vita stessa di questo artista. Un bozzolo, che lo racchiude e lo protegge.

Ma partiamo dall’inizio.

Citofono il campanello di via del Pavone dove vive Marcello Carrà, mentre cerco un posto sicuro per legare la bici. Carrà, classe 1976, ha alle spalle una trentina di insetti giganteschi, varie scrofe e molti pesci, che disegna con la penna su grandi fogli giallini. Dopo essere arrivato anche ad otto metri di cavalletta, un giorno si è detto “basta animali per un po’!” ed è passato ad alcune rivisitazioni del pittore fiammingo Bruegel, riproponendo, ad esempio, una Torre di Babele così come apparirebbe se colpita dal terremoto.

Mi apre la porta e mi invita a mettere la bici nel suo garage, così è al sicuro. Entro quindi in questa villetta senza sfarzi, ben curata. Nel grande salotto i libri sono al loro posto nella libreria e la sensazione che tutto sia fermo a molto tempo fa pervade la stanza.

Mi chiedevo se avessi fatto il liceo artistico per disegnar così, o l’Accademia…

No, anzi! Ho fatto il liceo scientifico qui a Ferrara – spiega mentre nel salotto la luce stenta ad entrare dalle finestre – e al tempo avevo pochissimo tempo per disegnare. Una volta uscito non sapevo bene che strada prendere, mi piaceva molto la fisica e la matematica, tuttora mi piace fare i conti. Per un attimo pensai pure di iscrivermi a Fisica però capivo anche bene che un laureato del genere non ha poi così tanti sbocchi lavorativi. Così mi sono iscritto a Ingegneria. Da quando ho iniziato l’università ho avuto anche più tempo per disegnare. Sì, al tempo avrei voluto fare l’Accademia, ma ho fatto bene a non farla. Nelle accademie di Belle Arti ti costruiscono una testa, che è poi la testa dell’insegnante che ti capita. Con gli strumenti che attualmente possediamo ciascuno può ormai scegliere da solo come formarsi, il web in questo è una grande risorsa. E poi, io volevo fare del gran calcolo!

E ora, dove ti hanno portato tutti questi calcoli?

Ora faccio l’ingegnere da dieci anni. Appena laureato ho trovato posto nell’amministrazione pubblica, ma mi annoiavo tantissimo. Si può guadagnare quanto si vuole, ma io devo imparare. Lì era tutto molto dispersivo e non usavo il cervello, era tutta una pausa caffè. E io sono contro le pause caffè. Da neolaureato avevo bisogno di essere come una spugna, così ho cambiato e sono passato sotto un ingegnere molto severo. Da lui ho preso molte legnate, ma mi sono servite! Ora nel nuovo studio dove lavoro sono riuscito a gestirmi gli orari in modo da potermi tenere liberi i pomeriggi per disegnare.

Il caffè ora lo bevi?

Il caffè lo bevo solo a casa di un amico. Continuo a non fare pause caffè. Anche perché con i miei colleghi non so di che cosa parlare. E odio l’ostentazione. Non mi piace dire in giro che faccio certe cose. Il loro rapporto nei miei confronti poi cambia drasticamente. Per esempio, se vado in un cantiere il più delle volte gli operai non ti trattano male. Ma, appena scoprono che disegno, cambiano atteggiamento e, cosa ancora più assurda, iniziano a considerarmi come se fossi l’ingegnere più forte del mondo. Io questo non lo sopporto. Per di più mi chiedono delle cose banalissime.

Tipo?

Tipo a quanto vendo.

Capisco. Ma quindi come fai a gestirti il tempo, tra le certificazioni energetiche delle case e il disegnare?

Beh, è facile. Io sono puntualissimo su tutto e la mia giornata è ben scandita: alle 6:30 mi alzo, alle 7:30 sono già in ufficio e alle 14 stacco dal lavoro. Il tempo di mangiare qualcosa e dalle 15:30 mi rimpossesso del mio ambito preferito. Per me l’arte è la cosa più bella che ci sia.

Foto di Giacomo Brini

Vicino al salotto, passando per la cucina, si entra nella sala da pranzo, più luminosa. E qui i primi segni del giovane Carrà emergono dalle pareti. Marcello, questi quadri li hai fatti tu?

Sì, questi sono tra i primi fatti, sono del 1995… Questo qui (indica un quadro) ricordo di averlo fatto dopo la maturità. Ha una chiara impronta surrealista. Quest’altro invece è più metafisico, rappresenta la maternità. Ci sono molto affezionato e sono contento sia appeso qui in sala, mia mamma non c’è più dal 2001. Dal ’95 al 2008 ho dipinto più di un centinaio di quadri solo con i colori ad olio. Poi nel 2008 ho conosciuto Maurizio (Camerani) e la Ketty (Tagliatti), che al tempo tenevano dei corsi per giovani artisti. Con loro ho sperimentato nuove tecniche, come le incisioni, le acqueforti, la china… È lì che mi sono interessato a qualcosa d’altro che non fosse il colore ad olio. Ho iniziato a prendere delle immagini di architetture, sulle quali incollavo degli insetti che dipingevo ad olio. Di questo collage facevo una foto che dava il senso di un fotomontaggio: degli insetti enormi popolavano questi spazi. Da lì ho iniziato a pensare che mi piaceva disegnare gli insetti. E mi sarebbe piaciuto farli in formato maxi! Sono andato a comprare un rotolo di carta, ho iniziato a ritagliare il foglio, ma invece di usare quello tagliato, mi sono detto “e perché non usare quella parte che rimane? È più bello!”. Così ho fatto un insetto che mi ha impiegato un mese per finirlo.

Intanto saliamo al piano di sopra, dove socchiusa c’è la stanza della sorella, convertita in deposito da quando lei non ci vive più. Un vero bunker dove si possono trovare immensi rotoli di carta da scenografia, penne Bic usate e non più buttate, scarti, sbagli, abbozzi di idee.

Le prime penne biro finite sono state messe anche in esposizione. E pensare che ci sono persone che non hanno mai visto delle Bic consumate! È da cinque anni che lavoro con questa penna. Mi sono anche informato perché ho scoperto che la ditta ne produce anche un modello con l’inchiostro che non si rovina, per i documenti antifrode. L’inchiostro della penna Bic infatti è oleoso si dovrebbe tenere lontano sia dalle fonti di luce diretta che dall’umidità. La luce diretta del sole lo rende opaco.

Quante penne usi per ogni tuo disegno?

Se devo fare delle parti molto scure, come degli sfondi, possono essere anche tre al giorno. All’inizio ne usavo tre per tutto il disegno! Infatti prima non facevo lo sfondo. Ma con il mio prossimo lavoro…

Si può raccontare qualcosa sulla tua nuova serie di disegni?

Ho deciso di scegliere un’opera di Zurbarán in mostra al Palazzo dei Diamanti, ovvero l’Agnus Dei, e di riproporla a modo mio in una metamorfosi che comprende temi cari al pittore spagnolo, come i temi religiosi e le nature morte. Saranno dieci opere uniche, tutte ispirate allo stesso quadro. Da lontano, seguendo la sagoma del disegno, sembreranno tutte uguali…

… Ma da vicino…

Da vicino mettono in risalto ciascuna un tema differente. Denominatore comune sarà la metamorfosi dell’agnello di Dio, per far riflettere sull’odierna crisi che non è solo economica, ma è soprattutto di carattere morale. Ciascuna opera avrà infatti una didascalia che metterà in risalto un aspetto della quotidiana decadenza del nostro vivere.

Saliamo ancora su per le scale ed entriamo nella soffitta. Qui ci sono tele accatastate negli anni, ci sono i colori, c’è anche un tavolo con degli esperimenti. Un vero e proprio tuffo nel passato.

Disegnare mi è sempre piaciuto. Da piccolo, negli anni Ottanta, facevo un giornalino che leggeva solo mia sorella. Poi abbiamo scoperto che il collega di mio padre aveva un figlio della nostra età, e così abbiamo iniziato a scambiarci i giornalini, sempre fatti da noi. Erano impostati come i Topolino: c’erano le storie, c’erano i fumetti, le lettere alla redazione… Ora te li cerco. Conserviamo le cose inutili, figuriamoci se non conservo questi.! Li tengo ancora tutti in una scatola, in ordine di data. Ho la mania di datare tutto, è per me un modo per costruire i ricordi.  A pensarci bene, la penna è lo stesso strumento che usavo trent’anni fa!

Non ti sei stancato di disegnare solo con la penna?

Vedo dove posso arrivare. Ogni opera è come un gioco: mi piace sperimentare e il mio disegnare è un bisogno di espressione. Finché mi sento di giocare con le penne Bic va bene, ma non credo che farò disegni a penna per tutta la vita.

Spulciando tra le tele, ne vedo una che mi colpisce. Marcello, e questo come si chiama?

Si intitola “Ammutinamento degli animali domestici”, è l’ultimo quadro che ho fatto con i colori ad olio. Parla di animali domestici che si ribellano ai padroni di casa.

E il tuo rapporto con gli animali com’è?

Quando ero piccolo andavo spesso a casa della nonna, che aveva un giardino ed era pieno di insetti e di rospi, altra mia grande passione. I rospi stavo a cercarli per ore, finché non veniva buio, li mettevo in un secchio e poi provavo a stabilire con loro un contatto. Era una cosa tenerissima. Mi ricordo che fissavo il rospo negli occhi e gli dicevo: “la tua vita è nelle mie mani ma, tranquillo, non ti farò del male”. Ero invece, come molti bimbi, uno sterminatore di formiche, forse perché non hanno gli occhi, o meglio, non hanno la pupilla. Con le formiche non puoi stabilire un contatto. Una formica non dirige lo sguardo verso di te.

Hai disegnato molti insetti, collegandoli alla causa della loro morte. Una forma di riscatto?

Ai miei disegni è sempre collegata una sorta di lapide in cui inserisco la data di nascita, quella di morte e la causa del decesso, così non è più una formica, ma diventa quella formica. Una persona che si schianta su un platano non è poi tanto diversa da un insetto pestato da un piedone. Spesso ci poniamo superiori, ma è solo una questione di dimensioni.

La mostra di Marcello Carrà “Le Metamorfosi dell’Agnus Dei di Zurbarán” inaugura oggi 13 settembre alle 18 presso MLB home gallery (corso Ercole I d’Este 3) ed è visitabile fino al 1° dicembre.

1 Commento

  1. Matteo scrive:

    Interessante e affascinante ! La vivacità creativa di Ferrara e’ impressionante.

Lascia un commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.