Chi sono i cinesi a Ferrara? Sono almeno un centinaio di famiglie. Sono persone come Cai Jin, un giovane cinese arrivato in Italia all’età di nove anni. O come il direttivo del nuovo centro interculturale italo-cinese, inaugurato appena quattro giorni fa. Cai Jin parla inglese, francese, italiano, latino, cinese e perfino il dialetto ferrarese. Ha lavorato come mediatore interculturale negli ospedali e nelle carceri di Ferrara e ora è il presidente del centro italo-cinese. “Ho anche fatto un’ottantina di ore in una scuola elementare, la Govoni, i bambini lì erano entusiasti, mi hanno scaldato il cuore”. Il giorno dell’inaugurazione coincide con l’ultima domenica dei Buskers. Un piccolo peluche di panda segnala la zona parcheggio di fronte all’ingresso in via Goretti 90. A lato del portone sfila il buffet offerto dal ristorante Ni Hao di Copparo ma prima di avventarci sui ravioli c’è da curiosare dentro gli spazi del centro. Il professore di letteratura cinese Qifa Wu si offre di scrivere il nome di tutti gli invitati in cinese, è serio mentre dirige il pennello con una grazia appresa negli anni. Intanto Yan Jiang, la responsabile degli Affari Interni, insegna qualche rudimento di calligrafia, che in Cina è madre di tutte le arti. Ci esercitiamo su dei fogli di carta che sembrano quasi magici, fatti di una strana carta cinese che assorbe l’inchiostro in modo che un solo foglio serva per centinaia di prove.

Cai Jin è emozionato, si era preparato un discorso ma è costretto a leggere da un foglietto come alla premiazione degli Oscar. Il centro non sarà una semplice scuola di lingue, spiega, ma un ponte di integrazione e coesione sociale tra la comunità ferrarese e quella cinese. Dialogo, scambio, rispetto reciproco in poche parole. Per questo i servizi offerti sono tanti sia per la comunità cinese (sbroglio di documenti burocratici, assistenza legale, corsi di italiano per cinesi) sia per quella ferrarese (corsi di lingua e cultura cinese con rilascio del diploma HSK che certifica la conoscenza della lingua cinese a livello internazionale, corsi di calligrafia e di cucina tradizionale, la proiezione di film cinesi-CinAforum- e molto altro). Per informazioni http://www.centroitalocinesefe.it/

Foto di Andrea Bighi

Chi sono i cinesi? Sono ben un miliardo e trecento milioni di persone, 56 etnie con relative lingue e culture che vivono in un panorama eterogeneo come pochi altri, dalle montagne a ovest alle metropoli di venti milioni di abitanti. Ne parliamo a casa Droghetti-Xian Lu, in zona stazione. Xian Lu, responsabile degli Affari, ci porta il caffè ed estrae un bellissimo er-wu, strumento tradizionale cinese, dalla sua custodia. Uno dei progetti è proprio la creazione di un gruppo musicale italo-cinese in collaborazione con i musicisti del conservatorio. Tra una melodia e una tazza di caffè smontiamo il castello di cliché che riguarda sempre di più l’impero celeste. “Se ne dicono di cose, che non paghiamo le tasse per esempio, come si fa a crederci? Mi raccomando” sorride Cai Jin “dì che mi piacciono i gatti, ne ho anche uno a casa”. “Anche a me piacciono i gatti” fa eco Xian Lu“ e non a colazione!”. La questione che scotta di più è forse quella dei prodotti contraffatti. Che la cultura cinese non sia per natura copiona ce lo racconta anche Marco Polo: i cinesi inventarono la stampa 400 anni prima di noi, per non parlare della carta moneta, della bussola e della polvere da sparo.

E’ molto interessante notare come gli stereotipi evolvano nel tempo. Chi ricorda il film Il dormiglione di Woody Allen del 1973? In una scena, doppiata in italiano, Woody Allen sale a bordo di un elicottero che finirà poi per schiantarsi contro un albero. Ad un certo punto lo si sente inveire contro la “Maledetta robaccia giapponese da due soldi!”. Cliché completamente scaduto al mondo d’oggi, dove giapponese è ormai sinonimo di alta tecnologia. “Quanto ai prodotti alimentari scadenti a Ferrara siamo a posto” precisa Stefano “l’ASL invia controlli periodici (igiene HACCP) ai ristoranti per il monitoraggio degli alimenti. Qui i ristoranti cinesi hanno sempre avuto risultati ottimi”.

Un altro pregiudizio è lo sfruttamento della manodopera. Ho comprato una maglietta a sette euro dai cinesi, mi spieghi com’è possibile, ci avranno gli schiavi si sente dire in giro. Basterebbe, però, rievocare il disastro del Rana Plaza in Bangladesh prima di saltare alle conclusioni. Solo tre mesi fa trecento lavoratori hanno perso la vita nel crollo del palazzo alla periferia di Dacca e riacceso la polemica sull’industria dell’abbigliamento e sulla produzione low-cost. Tra i marchi coinvolti, però, non figuravano nomi cinesi ma, piuttosto, l’inglese Primark, l’italiana Yes-Zee, l’americana Gap e altri volti noti.

Come mai i cinesi pagano sempre in contanti? E’ Xian Lu a prendere la parola: “I cinesi pagano in contanti non perché hanno qualcosa da nascondere ma perché preferiscono i soldi cash, è una questione di politica interna delle banche. Il taglio massimo della moneta in Cina è il 100 yuan, circa tredici euro. I miei genitori, per comprare un’automobile, sono andati a una fiera dell’auto con una valigia piena di soldi. Parliamoci chiaro: non è che in Cina i problemi, anche immensi, non ci siano! Solo che non sono quelli di cui si discute qui in Italia” dice Cai Jin. La situazione a Ferrara è, comunque, piuttosto tranquilla: l’unico caso di cronaca nera che riguarda un cinese è di due anni fa quando un anziano ferrarese uccise con un colpo di pistola una barista cinese, madre di due figli, perché non ricambiato.

Le domande scivolano via sulla formazione dei caratteri cinesi e sulla storia e cultura cinese, ricca di eventi e di personaggi incredibili. “Faremo anche corsi di cultura cinese, basta scrivere alla nostra mail o venire di persona” promette Stefano. Le attività e i progetti per l’autunno sono in via di progettazione: gite nelle varie china town d’Italia, il Meeting dell’Associna (associazione nazionale dei cinesi di seconda generazione) che si terrà a Ferrara a novembre e un cortometraggio sulla vita delle coppie miste a Ferrara a opera di Stefano Droghetti, già autore del documentario Tre mesi in Cina.

Ma torniamo all’inaugurazione della sede di via Goretti. E’ tempo di sfamare gli stomaci. Il segretario Yi Yao invita tutti al buffet di ravioli di carne e involtini di verdure. Prima di scendere le scale facciamo i complimenti per l’arredamento del centro. Le pareti sono bianche come latte fresco. “Sì, le abbiamo tinte noi, così come abbiamo montato i mobili, trasportato le attrezzature, creato la mappa della Cina con le foto più rappresentative e i ritratti della direzione appesi alle zone di provenienza. Abbiamo lavorato per tutto agosto. Sì, si può dire che ci siamo sfruttati da soli” ride Cai Jin, zigomi sorridenti e maniche arrotolate di camicia. E chi ha ironia è dispensato dall’avere altro.

Guarda la gallery di foto dell’inaugurazione del Centro Italo-Cinese di Ferrara.

2 Commenti

  1. matteo scrive:

    Non posso che condividere l’articolo di Sara Macchi… E’ mia intenzione trovare il modo di partecipare alle attività del Centro Italo-Cinese.

Rispondi a matteo Cancella il commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.