In un periodo dell’anno, l’estate, in cui i discorsi delle cicale ci sembrano più convincenti rispetto a quelli degli esseri umani, il granoturco è alto quanto le persone, e quando ci passi di fianco ti viene quasi voglia di fermarti e provare a confrontarne l’altezza, tra te e le spighe, come quando da piccoli si veniva appoggiati contro il muro e si segnavano le tacche con una matita. E’ un periodo dell’anno, l’estate, in cui i campi di mais diventano padimetri dei nostri orizzonti, segnano le piene di cosa possiamo vedere e di cosa vorremmo vedere, e anche nella piatta pianura padana spuntano ostacoli visivi che innescano una pericolosa reazione: la voglia di scoprire che cosa c’è oltre.

Guido verso Copparo, finestrini abbassati da dove si infila un vento conciliante il cui suono viene interrotto dai platani ordinati sul ciglio della carreggiata, metronomo di una viabilità antica dove la natura serviva a contenere, mentre oggi finiamo a sbatterci contro. A Tamara lascio la provinciale e mi dirigo verso il centro del paese, dove non c’è una piazza ma una strada larghissima, sproporzionata al contesto, una colata d’asfalto che si conclude di fronte alla chiesa che funge da bivio: giro a destra, la carreggiata si restringe poco dopo il cimitero, tutto si fa più intimo e desolante. Mi fermo poco distante da un minuto paesino, tale Sabbioncello San Pietro, le solite due case che ci si può aspettare da un paesino, una ragazza che porta a spasso un cane davanti a un capannone ormai abbandonato, residuo di civiltà contadina, forse, non si capisce. Non c’è nessuno in giro, alle sei di un sabato pomeriggio di luglio, più del caldo è la distanza dalla Città ad aver sterminato la popolazione, attirandola altrove ed estirpandola dalla campagna. Eppure, nascosto tra la boscaglia adiacente a un campo di grano già mietuto, si nasconde forse il tesoro più grande dell’intera provincia ferrarese.

La perla si chiama Angelo Fiacchi, anche se tutti lo chiamano più correttamente “Anzul“, e lui, prima ancora di quello che ha costruito negli anni, è una di quelle persone di cui quasi fatichi a parlarne, come tutte quelle cose preziose che dovrebbero stare sulle guide turistiche prima del Castello o dei fenicotteri delle Valli, perché davvero più contemporanee e ferraresi e meritevoli di pietre accatastate secoli fa. Ma allo stesso tempo, da vero ferrarese, te la vuoi tenere per te, perché ne sei geloso, come di tutte le cose belle che ti stanno vicino.

La storia è semplice: Anzul è un baffuto signore che si è costruito da solo, con le sue mani, un osservatorio astronomico. L’ha costruito nel cortile di casa, la stessa dove 72 anni fa è nato, in cui vive da sempre. Anzul ha un rigoglioso paio di baffi, per l’appunto, occhi azzurri e vispi come quelli di un bambino cui hanno appena regalato una scatola Lego del galeone dei pirati, e una “cosa dentro di sè” che nemmeno lui mi sa spiegare. Si chiama curiosità, frenesia, passione, non si riesce a etichettare: è quella pulsione che nel corso degli anni gli ha fatto tenere lo sguardo rivolto in alto, fin da quando era bambino, e le mani sempre in movimento, a martellare chiodi, a piegare ferro, a incurvare lenti. Fino a realizzare, la butto lì semplice come semplice è la persona, un telescopio e poi tirarci su attorno un osservatorio. “Il primo della nostra provincia – precisa lui stesso -, costruito interamente da solo negli anni”.

Foto di Lucia Ligniti

Anzul purtroppo o per fortuna non sta su nessuna guida turistica, e per scoprirlo esiste soltanto un unico metodo: il passaparola. Io ci sono finito così, ormai una decina d’anni fa, me l’aveva segnalato un amico che a sua volta gliel’aveva consigliato un altro amico. Negli anni ho cercato di farlo scoprire a chi volevo bene (la storia della gelosia, avete capito). Di giorno, però, non ci ero mai stato, ci ero sempre finito di notte, al buio: si arriva in una casa di campagna, si entra in una proprietà privata dove il cancello è sempre rigorosamente aperto, a qualsiasi ora. Erba alta, gatti adagiati ovunque, una cupola di lamiera color carta da zucchero è un guscio che protegge un’altra dimensione. Una piccola porticina, con in alto un cartello che recita, dalle 22 alle 1 di notte, la scritta ‘APERTO’, ribaltata durante il giorno in ‘CHIUSO’. Dentro, ci si ritrova di fronte a un telescopio issato su una pedana rotante: a spanne, sarà lungo almeno 2 metri, costruito con lamiere color oro e pieno di leve, pulsanti, interruttori. C’è una scala per raggiungere l’obiettivo, dove Anzul sale, aiutato dal suo fedele bastone, per aprire la calotta e dischiudere il cielo.

All’interno di quella stanzetta, però, il telescopio è solo la torta su una costellazione di ciliegine: le quattro pareti sono ricoperte da bacheche impolverate, colme di minerali, fossili, pietre, reperti, animali, foto, documenti. E strumenti, anche, infiniti, molti costruiti dallo stesso Anzul: per esempio, un microscopio con un monitor tondo, che sembra provenire dal set di Spazio 1999, poi la plancia con i pulsanti che azionano la calotta, lo schermo dove, nelle giornate di luna piena, Anzul proietta i Mari lunari, di cui conosce tutti i nomi, e durante il racconto ci infila anche aneddoti sulle spedizioni americane. C’è pure uno sismografo, grazie al quale monitora “tutti i terremoti del mondo”, che poi riporta sul calendario ormai fittissimo: per ogni giorno, varie segnalazioni. Non si entra dentro un osservatorio, si entra dentro una scatola magica ricolma di artigianissimo sapere umano, dove la polvere è lo zucchero a velo sopra una torta che vorresti divorare.

Gli occhi diventano schegge impazzite, spuntano oggetti come un rotolo di carta che riporta su un lato l’ovvia scritta “Non sederci sopra“. Una stella militare attaccata da chissà chi. Il libro delle presenze, soprattutto, consumato come un quaderno di bordo di una nave dell’Ottocento che ha solcato mille mari: e invece, sempre lì è rimasto, dal 1991, quando ha aperto per la prima notte, e da allora, precisa, “sono venuti, aspetta che guardo, allora, fino il giorno, aspetta pur, fino al 2012 compreso, 87315 persone, sono venute”. Perché Anzul apre tutte le sere, perché Anzul si segna tutte le sere chi passa a trovarlo per vedere le stelle, la Luna, e lui accoglie sempre tutti, “senza chiedere un soldo”, dice curvo sul quaderno, che riporta una tremolante calligrafia su fogli di carta ingialliti. Ti viene voglia di toccare tutto, perché tutto ti sembra così dannatamente reale, vissuto, così privo di nostalgia retorica e così semplicemente ostentato. Mi siedo, sulla base di cemento che sorregge il telescopio, e ascolto Anzul che parla a ruota libera: provo più volte a indagare metodicamente sulla costruzione dell’osservatorio, ma mi arrendo subito alle sue frasi sparpagliate (sempre in dialetto) tra la campagna e il cielo. Impossibile mettere ordine nel disordine di una vita intera di una persona.

(segue a pag. 2)

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24 Commenti

  1. Letuall scrive:

    La prova che l’impegno e i sacrifici ripagano sempre…complimenti per le foto…davvero significative rapportate alla storia descritta nell’articolo.

  2. Laura Ragazzi scrive:

    Grandissimooooo!!! ci sono stata varie volte, sembra di essere in un altro mondo. Angelo è fortissimo, ospitale e simpatico. Complimenti!!!

  3. gianni travagli scrive:

    l’articolo è come una favola contemporanea meravigliosa!!!!!!!!! ho 69 anni e sono nato all’indimenticabile NERELLA vicinissima all’osservatorio ,nipote di Mario Pasti che sicuramente Angelo avrai conosciuto,probabilmente da bambini avremo giocato assieme,voglio esprimerti la mia grandissima stima per ciò che hai fatto e che spero continuerai a fare per tantissimo tempo!!!! .ciao anzul

  4. erika molossi scrive:

    Bellissimo articolo, commovente.
    Ricordi di ragazzina, ci sono stata due tre volte, tornando dalla discoteca.
    Anzul spiegava, infaticabile, tutti i misteri della luna, perchè quella sera ..”an svdeva nient”!

  5. Rita scrive:

    Orgogliosa di essere sua nipote !❤️❤️❤️

  6. Rita scrive:

    Orgogliosa di essere sua nipote

  7. Ermes scrive:

    Bellissimo, bellissimo oltre quello che è l’articolo, già bello, dolce e garbato, ma pensare ad un personaggio simile che si mette in testa di guardare le stelle e per questo si costruisce un’osservatorio … è semplicemente una meraviglia.
    Quando si dice che con la volontà e l’ingegno si fa ciò che si vuole …
    Spero ardentemente di poter riuscire ad andare a vedere questo osservatorio e a conoscere questa favolosa Persona.

  8. cristian bucchi scrive:

    Ciao Angelo, spero tu possa accarezzare le tue amate stelle come hai fatto per tutta la vita. Grazie delle serate e della pelledoca data dalle tue storie…entrate nelle mie orecchie di ragazzino e restate nella mia mente e nel cuore di uomo.
    Buon viaggio.

  9. tania scrive:

    a presto amico …. ieri sera ho mangiato due fette del salame che mi hai portato…sono orgogliosa di averti incontrato…custodirò come tesori i tuoi insegnamenti…io e mamma suoneremo la campana tibetana per te….finchè tu possa riempire la tua energia di suoni d’amore..proprio come le stelle con il loro magico suono,,,,
    ricorda la promessa…
    quand ca mor a vien a tirart i piè….
    ti voglioi bene

  10. paolo benini scrive:

    Ho letto l’articolo e mi sembra di essere entrato in un mondo di favola, di un mondo che non esiste piu’ e che mi fa tenerezza e nostalgia. Non conosco ne’ il personaggio ne’ le sue realizzazioni che mi sembrano eccezionali. Mi riprometto prima della fine dell’estate di andare a trovare lui e il suo osservatorio. E’ un grande personaggio e meriterebbe di essere conosciuto di piu’ e premiato per il suo ingegno. Grazie.

  11. michele scrive:

    CI INCONTREMO ANCORA ANGELO NON SO DOVE E NON SO QUANDO MA SO CHE CI INCONTREREMO

  12. Andrea scrive:

    Un grande uomo indimenticabile.
    Grazie di tutto Angelo,
    riposa in Pace.

  13. Ora sei su una stella pure tu, aspettami , spero che la mia stella sia vicina alla tua così ti verrò a trovare, senza zanetta perchè anch’io soffro di artosi ed è per questo che non ti ho più fatto visita nelle notti d’estate. Il tuo osservatorio con tante lucciole intorno che facevano a gara con le stelle a chi brillava di più. Tutti i tuoi tesori, fossili, minerali più o meno preziosi, tutti catalogati, tutti con una storia. Ma il tesoro più grande era la tua fantasia, le storie che raccontavi con cui hai fatto sognare me insieme 25 bambini di 5/ 6 anni e cinquanta genitori in una notte di fine maggio del 1999.I bimbi non volevano più andare a letto erano le due e così bravi, attenti ed interessati , non li avevo mai visti nemmeno di martedì mattina. Dicevi che dopo la morte ognuno di noi salirà su una stella, ognuno con la propria. E’ per questo che mi piacerebbe fosse vicina alla tua per potere ascoltare altre storie. Eri un grande narratore. Grazie Fiacchi per essere stato: geniale, generoso, meravigliosamente curioso intelligente e fantasioso. Chissà che non ci si ritrovi a bere un bicchiere di vino fresco in un osservatorio tra le stelle.

  14. Mario Pagnanelli scrive:

    Grande perdita…
    Ricordo ancora quando stava costruendo il telescopio a Tamara…
    Sul muro un cartello recitava:
    “Chi arte non sa, butega sera !”

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