«La sensazione che abbiamo provato la prima volta che siamo arrivati a Ferrara, era il febbraio 2002, è stata quella di trovare qui un’altra famiglia. Eravamo ospiti di Cora Herrendorf e Horacio Czertok, gli ideatori del Teatro Nucleo, scappati dall’Argentina degli anni Settanta, dalla dittatura. Noi scappavamo dallo stesso Paese ma trenta anni dopo, spinti dalla crisi. Abbiamo ritrovato in queste due forme di esilio una sorta di continuità».

A parlare è Federico Zuckerfeld, padre del collettivo artistico Etceterà, fondato a Buenos Aires nel 1997 assieme a Loreto Guzman. Federico e Loreto erano ragazzini la prima volta che giunsero a Ferrara, un viaggio importante e formativo che coincise con la prima esperienza in Europa: «Siamo arrivati quando cominciava a circolare l’Euro e si era da poco concluso il meeting del G8 a Genova. Il movimento contro la globalizzazione stava crescendo. Si discuteva di politica, la prospettiva era internazionale. Di Ferrara ci colpirono soprattutto le mura. Al pomeriggio ci sedevano sotto la loro ombra, parlando con gli amici si dimenticava la loro presenza. Rappresentano sicuramente un importante patrimonio storico ma alla fine restano quello che sono: una barriera che apre e chiude la città, la loro funzione simbolica è potente. La nostra impressione fu che in questo luogo, con il Castello, il ghetto medievale e tutto il resto, il paesaggio storico fosse troppo forte, più forte della realtà globale. Le persone ci sembravano vivere in modo dislocato rispetto al tempo presente. La sensazione che percepimmo fu completamente surrealista, e ci piacque molto».  Ricorda Loreto: «Conoscevamo la metafisica di De Chirico e il nostro soggiorno fu molto romantico, forse idealizzato. Diventammo amici di tanti ragazzi della nostra stessa età, che si mantenevano grazie a diverse attività di carattere artistico: musicisti, scrittori, attori, giovani della cultura e della controcultura. In Argentina all’epoca era impossibile trovare qualcosa di simile. Questo contesto ci impressionò, ci aiutò a cambiare il nostro modo di lavorare, ci spinse verso un approccio multidisciplinare».

Nella primavera 2013 il ritorno degli Etceterà nella città estense non è casuale: dopo undici anni trascorsi in giro per il mondo, protagonisti di esperienze performative diversissime (in Turchia come in Serbia, passando per la Biennale di Instanbul e la Palestina), al collettivo è stato assegnato il premio internazionale di arte partecipata indetto dalla Regione Emilia-Romagna. Ovvero? Ovvero 30mila euro da spendere per realizzare un progetto intitolato C.R.I.S.I., acronimo di Comune di ricerca per l’immaginazione sociale inclusiva.

Foto di Eugenio Ciccone

«Per noi la crisi ha il nome dei politici, delle corporation – spiega Loreto -. Ma per cogliere il segno del tempo non basta pensare ai problemi economici, bisogna ragionare sulla crisi della rappresentazione. Continua ad essere alterato il dialogo tra le mente sociale e il corpo sociale. Qui tutti hanno coscienza di cosa sta succedendo ma non esiste un corpo sociale capace di dire basta. La frammentazione dei lavoratori rende impossibile lo sviluppo di una reazione compatta. Per questo il nostro progetto guarda innanzitutto alla costruzione di comunità. Deve essere come una fortezza all’interno della quale si possano raccogliere tante voci diverse, capace di porsi in modo trasversale rispetto alla segmentazione della popolazione. Bisogna capire cosa sta succedendo e dargli un nome assieme. Impegnarsi per costruire la narrazione storica del presente».

Tante le azioni messe in campo per favorire questo processo, la prima è stata un provocatorio flash mob inscenato a Bologna il 23 maggio, in piazza Minghetti, durante il quale attori travestiti da funzionari della Bce distribuivano banconote da cinque euro ai passanti, giustificando l’azione come “atto di remissione” nei confronti dei cittadini impoveriti dalle politiche finanziarie comunitarie. A seguire la produzione di un disco hip hop realizzato dai ragazzi del laboratorio On the move, promosso sempre a Bologna dal centro xM24: la maggior parte dei suoi aspiranti mc sono immigrati di seconda generazione e l’album è stato presentato il 16 giugno all’interno dell’evento “Meglio ius soli che male accompagnati”. È poi cominciata la raccolta di interviste, racconti e opinioni destinate a entrare nella pubblicazione intitolata “Terremoto social”, per la quale le vecchie amicizie ferraresi del collettivo hanno giocato un ruolo fondamentale. Assieme ad Antonio Dondi e alla sua compagna Frida (in passato entrambi attori del Teatro Nucleo) gli Etceterà hanno portato parte del loro progetto all’interno di Borderline, la festa della etichette indipendenti tenutasi a Ferrara il 22 giugno, presso il centro “La Resistenza”. Il 27 giugno infine si è svolta l’ironica performance “Assemblea permanente”, organizzata a Bologna in piazza Verdi per descrivere i tanti modi che la popolazione ha di vivere e percepire un luogo collettivo.

«La criminalizzazione dei giovani è un tema che ci ha colpito in modo particolare. La situazione italiana da questo punto di vista è pazzesca. I mass media raccontano che i giovani creano il degrado, ma se una persona non è graduata come può essere degradata? I giovani sono le vittime più autentiche di questo contesto ma vengono trattati da colpevoli». Continua Federico: «È in atto un vero e proprio figlicidio. In Argentina tante famiglie aspettano che muoia la nonna per avere l’eredità. Qui invece avviene il contrario: si prega perché la nonna resti in vita, perché senza di lei si perderebbe la sua preziosissima pensione. Nel frattempo i vecchi attribuiscano ai ragazzi tutto il male di ciò che avviene attorno a loro, ma le responsabilità non possono essere di chi è nato da poco».

La fruibilità dello spazio comune è un altro tema considerato fondamentale: «La tensione tra pubblico e privato è più forte che mai, basta pensare ai recenti scontri di piazza Verdi o alle sicuramente più drammatiche vicende di piazza Taksim. Tante buone progettualità vengono realizzate in spazi autonomi, in modo endogamico. Si costruisce dentro ma non si porta fuori perché nelle piazze è difficile riunirsi, perché troppi privati hanno interessate a sviluppare lì il loro business, e quindi a regolamentare il tempo della festa e della condivisione spontanea. Ma un bar non dovrebbe avere il diritto di gestire una piazza pubblica».

Lascia un commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.