Personalmente ho sempre visto la Giacomense come l’equivalente calcistico del villaggio gallico di Asterix: un piccolo, piccolissimo, paese di provincia che da anni resiste con coraggio e orgoglio nello spietato mondo del calcio business. Da cinque anni ormai la squadra di Masi San Giacomo si misura con realtà molto più grandi e blasonate, riuscendo sempre a portare a casa una sudata salvezza nonostante il titolo di paese più piccolo rappresentato nel calcio professionistico.

Nei confronti dei grigiorossi i tifosi della Spal hanno sempre avuto un comprensibile complesso di superiorità: d’altra parte come si fa a paragonare decenni di serie A e serie B ai progressi recenti del piccolo club del presidente Walter Mattioli? La Giacomense è quasi sempre stata una squadra di paese, almeno fino al 2008, quando vinse il campionato di serie D al secondo tentativo. È stata una scalata progressiva che però i sostenitori della Spal non hanno mai preso veramente sul serio. E chi la prendeva sul serio la viveva male. Nel corso del campionato 2008-2009 la dirigenza della Spal si vide recapitare una richiesta chiara: mai più i risultati della Giacomense attraverso gli altoparlanti del Paolo Mazza durante gli intervalli e i finali di partita. Per cui è comprensibile che oggi la trasfigurazione della Giacomense nella Spal crei quantomeno perplessità, se non divisioni vere e proprie all’interno del variegato panorama dei sostenitori dell’Ars et Labor. Ma anche parecchio entusiasmo.

Per chi non fosse particolarmente aggiornato è il caso di fare un passo indietro: il 12 luglio è stato decretato ufficialmente il trasloco della Giacomense a Ferrara e il suo cambio di denominazione e colori sociali. Da lunedì 15 luglio il club di Masi San Giacomo si chiamerà Spal, vestirà di biancazzurro e disputerà il campionato di Seconda Divisione Lega Pro, la vecchia C2. Perché tutto questo? Perché la Spal, quella vera, è rimasta invischiata in una serie di vicende che definire deprimenti è riduttivo. Una deludente stagione di serie D e le prospettive di un’altra annata di sofferenze nella quinta serie hanno indotto l’amministrazione comunale ad aumentare il pressing sui proprietari della Giacomense in modo che l’affare venisse concluso. Il sindaco Tiziano Tagliani ci aveva provato già nell’estate 2012, quando la Spal fresca di retrocessione dopo i playout di Prima Divisione era avviata allo sfacelo finanziario poi puntualmente verificatosi. Ma a quel tempo Francesco Colombarini e i suoi figli, proprietari del sodalizio grigio rosso, risposero “no grazie”.

La famiglia Colombarini è proprietaria di uno stabilimento di 46mila metri quadri che da solo giustifica l’esistenza della frazione di Masi San Giacomo, nel Comune di Masi Torello. L’azienda si chiama Vetroresina, produce laminati in resina rinforzati con fibra di vetro e si è insediata in paese all’inizio degli anni Novanta. Nel 2000 la Vetroresina ha aperto una filiale in Brasile, nel 2008 un’altra in North Carolina, negli Stati Uniti d’America. Ferraresità multinazionale e discrezione a palate: fin dall’arrivo a Masi San Giacomo i Colombarini hanno unito il loro nome allo sport locale e grazie al connubio con Walter Mattioli hanno portato la Giacomense dalla Prima Categoria alla quarta serie. Già nel mese di marzo le voci di un intervento dei Colombarini si erano fatte strada tra gli addetti ai lavori del calcio ferrarese, a fronte delle innegabili difficoltà della Spal di Benasciutti. Al tempo chiesi a Simone Colombarini, di professione ingegnere e amministratore di Vetroresina, cosa ci fosse di vero: negò con decisione ogni possibilità di coinvolgimento, spiegandomi che c’erano troppe controindicazioni. Ma ammise un dettaglio fondamentale: più in alto di così la Giacomense non può andare, per ragioni fisiologiche. Nel 2014 scatterà la riforma dei campionati che eliminerà la Seconda Divisione per creare una terza serie unica. Tutto quello che sta sotto diventerà dilettantismo. E senza entrate extra difficilmente la Giacomense avrebbe potuto salvarsi nella stagione in corso. Ma se la squadra si chiamasse Spal… allora tutto cambierebbe. Anzi, cambierà, perché l’affare è stato fatto dopo una giornata di trattative che definire lunga è poco.

Foto di Lucia Ligniti

La maggioranza dei tifosi della Spal sembra approvare la mossa, che riconsegna loro quantomeno una categoria professionistica dopo la straziante sortita in campi di estrema periferia. Ma a Masi San Giacomo come l’hanno presa? Il barista del paese è un rotondo uomo baffuto, dai baffi grigi come il grigio della Giacomense, il rosso è invece quello sbiadito dei poster al campo sportivo che celebrano la promozione (anche quella storica, come tutte le prime volte) in Serie D del 2008. Racconta di una realtà che è esattamente come sembra: “Di notte siamo quasi 800, in paese, di giorno invece… lo vedi anche tu, non c’è nessuno in giro, per trovare questo paese ci devi proprio voler finire, per caso non ci capiti mica!”. Sorride un po’ amaramente, ma sempre compost.

A Masi tutto è semplice, la vita, il calcio e anche la malinconia, che non si lascia andare a drammi o proclami. “Non ci sono fan club o altro, – prosegue Barigozzi –  i tifosi della Giacomense sono pochi, e si radunano sempre qui al bar del paese (indica un paio di vecchietti seduti sulle sedie di plastica, al riparo dalla calura opprimente)”. Nel bar c’è esposta soltanto una sciarpa, recita semplicemente “Forza Giacomense”, c’è un pallone col logo della Federazione, qualche coppa di qualche torneo giovanile e basta, il bar è vuoto. “Da un lato siamo orgogliosi per aver salvato la Spal, e trasferirci a Ferrara, era l’inevitabile soluzione, essendo l’unica squadra professionistica della provincia, dall’altro lato c’è inevitabile amarezza, perdiamo la nostra squadra, ma del resto eravamo arrivati al massimo delle nostre capacità, oltre non si poteva andare. E’ come per un alpinista arrivare in cima all’Everest, più in alto la Giacomense non poteva salire. Ormai anche in Seconda Divisione ci sono realtà di grandi città, pensiamo al Venezia dei russi… E’ vero, ragazzi? (si rivolge ai vecchietti) Ce ne siamo resi conto quest’anno quando siamo entrati al Penzo di Venezia, che ormai eravamo in una realtà sproporzionata alle nostre possibilità. Siamo piccoli, siamo soltanto un piccolo paesino, che i giornali peraltro non hanno mai reclamizzato molto: quando glielo facevamo notare, ci rispondevano che non avevamo ‘un bacino d’utenza’, eppure eravamo comunque la prima squadra professionistica dell’intera provincia!”. “Insomma – continua – ce l’aspettavamo da anni, che sarebbe finita così”. Elogia poi i Colombarini, ammonendo però riguardo eventuali sogni di gloria: “Guardate che  sono gente seria, e anche se hanno i soldi, non hanno mai voluto spendere più del giusto, e ci tengono a fare le cose per bene, con serietà e piccoli passi”.

Racconta poi che la realtà di Masi San Giacomo era limitante per giocatori abituati ad altri scenari. Cita un ragazzo arrivato a gennaio, con un passato anche in Serie B, che gli aveva confidato tempo fa: “Guarda, qui si sta bene, si mangia bene, è tutto tranquillo, ma se non me ne vado presto rischio la depressione”. I giocatori della Giacomense vivono dintorni, in varie villette dislocate attorno a Masi San Giacomo, sotto l’occhio vigile al presidente Mattioli. Ma di più ormai non si poteva fare, e c’è quasi una sorta di lucida e composta rassegnazione: “Non c’è più posto per realtà come la nostra, anche in Lega Pro”. Poi gli chiedo, ma ora tiferete Spal? Lui socchiude leggermente gli occhi, guarda oltre di me, si vede che non è convintissimo, e infatti: “Beh, non lo so proprio ora, vediamo. Il fatto è che la Giacomense era la ‘nostra’ squadra, e si tifa per i propri colori, anche se so bene che i miei sono discorsi fuori moda. Non lo so se quando riprenderà il campionato andrò a seguire al Mazza, perché un conto è tifare Giacomense, ovvero la tua squadra, i colori che senti i tuoi, del tuo paese. Un altro conto è la Spal, una realtà comunque che non appartiene alle nostre vene”. C’è malinconia, anche, quando si parla del campo sportivo, del settore giovanile che inevitabilmente finirà in via Copparo: “lì hanno un sacco di campi e strutture, qui lo vedi anche tu, c’è soltanto il prato…”.

(con la preziosa collaborazione di Fabio Zecchi)

3 Commenti

  1. Paola scrive:

    Il citato Gualtiero dell’articolo non è più tra noi da almeno 40 anni…… Non sarebbe male l’articolo se non l’improbabile narratore……

  2. Peppino scrive:

    Gualtiero è morto prima che io nascessi. Il grande giornalismo d’inkiesta!

  3. Fabio Zecchi scrive:

    Ci scusiamo per l’imperdonabile errore, abbiamo riportato male i nomi degli intervistati, ora correggiamo.

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