Rock and roll is not dead. Ed è molto più giovane del solito: i Monkeys fanno appena cent’anni in quattro. E sono già cresciuti. Chi li taccia di teenager rock ha molto da ascoltare ancora.

“Scusa, tu vendi biglietti per caso?”. Scuoto la testa. Occhiali da sole, barba e camicia sudata.  E’da un po’che aspetta. I primi fan sono qui già dal pomeriggio. “E’ che mi son mosso all’ultimo. E i bagarini vogliono 60 euro! Va beh, dai, me ne torno a Forlì e amici come prima.” Un ragazzo carico di mohito s’affretta verso la piazza di Savonarola, già colma da ore. Tra la gente seduta in semicerchio in mezzo alla piazza, è difficile trovarne uno sopra i trenta. Adidas, polvere e ascelle sudate. Nemmeno il sole sembra infastidirli. Due ragazze con la maglietta degli Arctic tirano fuori bottigliette d’acqua dallo zainetto. “Siamo venute da Reggio Emilia, apposta per il concerto.” Canzone preferita? “Yellow bricks!” esclamano in coro, senza esitare. Molti sono i gruppi di amici, come i ragazzi di Fano, che prenderanno il primo treno all’alba per far ritorno verso casa. Ma intanto si godono i ciottoli ferraresi e le birre alla spina dei bar del centro. Non sono pochi i turisti che si fermano a curiosare. Una coppia di Bristol si asciuga con le  cartoline: “Really? Arctic Monkyes play here tonight?”. Le 19 in punto  e le porte si aprono. Appena entrati il panorama cambia a vista d’occhio. Non mancano le teste brizzolate e spunta anche un passeggino.

La luce del sole inizia a calare e s’alza quella dei riflettori. Alle 21 30 la gente ha circondato il palco, prosciugato la birra e cominciato a fischiare. Alex Turner sbuca sul palco, seguito da un’onda di strilli di benvenuto. Le altre scimmie lo raggiungono. E si parte. Le luci a intermittenza ricordano corsie d’ospedale psichedeliche ma è un attimo e i rossi e i gialli dei riflettori riconquistano lo spazio. L’impianto luci è sobrio ma d’effetto, senza sovraccarichi inutili e installazioni ipertecnologiche. Due lettere giganti composte da lampadine dominano il palco- A e M- le iniziali del gruppo e anche il titolo del nuovo album, il quinto, in uscita il 9 Settembre. Partono i primi accordi di Do I wanna known e la voce risuona come un graffio, la tipica voce incrinata di un anglosassone che sembra ubriaco anche da sobrio. La piazza si perde in un battimani più caldo del luglio.

Foto di Giulia Paratelli

Ma è con la classica Brianstorm, canzone scanzonata e leggera che li ha portati al successo anche in Italia (dal secondo album Favourite Worst Nightmare) che si sollevano le Adidas da terra. Alle mie spalle, su un piccolo palco montato alla meglio, quattro signore sulla sessantina di sicura espressione inglese, sobrie ed eleganti, si scatenano. Ballano tenendosi per mano, conoscono i testi a memoria. Devono essere le mamme dei Monkeys, no doubt. Ma la folla aspetta ancora la scintilla per accendersi, e per quella c’è When the sun goes down. “ I said he’s a scumbag, don’t you know!” esclamano tutti in coro. Gli ospiti dell’albergo a quattro stelle Hotel Ferrara, con tanto di vista sul castello, si sporgono dalla finestra per vedere meglio la piazza che salta. Il set di Ferrara sotto le stelle è magnifico come sempre. Anche Alex sembra rendersene conto: “What a beautiful set” e dal tono lo sembra davvero, una frase non convenzionale. Alex è in forma e il batterista non è da meno, sembra quasi pronto ad alzarsi e a saltare in aria con la sua batteria. Sorrisi ammiccanti quando dedica la prossima canzone a “to all the beautiful italian ladies” ed è il momento di I bet you look good on the dance floor.

Le canzoni nuove sono nuove davvero e forse intiepidiscono i fan dei primi tempi, quelli delle canzoni divertenti e spensierate. Gli Arctic Monkeys sono ormai volati in California e si sono fatti guidare nientemeno che dal leader dei Queen of Stone Age, e qui si parla di rock come si deve. La sfumatura, quindi, è californiana ed evoca le chitarre di quel rock americano anni ’60 . Ma la voce, quella, resta saldamente inglese.

Il loro è un caso singolare. Dalla periferia di Sheffield sono arrivati a scalare le classifiche senza avere un contratto e senza nessun tipo di pubblicità. E’ stato Myspace a lanciarli e sono stati i loro fan a scambiare le loro canzoni su internet e a portarli a un successo mai sperato. Fanno bene le (presunte) mamme degli Arctic a saltare di gioia.

Un uomo intorno ai cinquanta ha portato suo figlio, età prima media. Oppure si potrebbe dire che è il ragazzino che ha portato lui: “Papààà, ma è finita?” “No, sono in pausa.” “I Green Day non l’hanno fatta però!” Gli orari del centro storico sono quello che sono. Alle 22 30 siamo già ai cinque minuti di pausa pre-bis. “Non è giusto!” sibila. Ma eccoli di nuovo i Monkeys, saltano sul palco e salutano Ferrara con due ballate dolci e ipnotiche che lanciano la buonanotte.

In lontananza gli echi di un temporale impreciso. Se piove non sarà sulla nostra testa.

2 Commenti

  1. Arianna scrive:

    io lì in mezzo c’ero!
    ho pure fatto qualche foto, ma non vi metto il link sennò pare che mi voglia far troppa pubblicità 🙂

  2. matteo scrive:

    Sei proprio brava Sara! Interessante.

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