“Mi piace lavorare qui” sorride Anna, “si perde la nozione del tempo ascoltando musica”. Ad Anna, impiegata al Conservatorio di Ferrara, il sottofondo musicale non manca di certo. Note di archi spezzati e di canto sgusciano fuori dalle porte chiuse delle aule. E’ tempo di esami e di saggi finali al Frescobaldi. Quattro biciclette del progetto Mi muovo in bici, dai manubri ormai roventi, sonnecchiano al sole nel parcheggio. Chissà se è un caso dato che Paolo Biagini, il direttore, è un ciclista convinto. Ci riceve nel suo studio con aria condizionata, al riparo da un fine giugno tropicale.

Cominciamo subito con un po’ di numeri. Il conservatorio, quest’anno, ha accolto ben 644 studenti di cui 55 stranieri, di solito cinesi e coreani. Nessuna sorpresa: l’Italia è un passaggio obbligato per chi studia musica, specialmente canto, e un periodo di studio in un conservatorio italiano apre molte porte in Cina. La lingua italiana è stata, fino a buona parte dell’800, regina indiscussa dell’opera, tanto che Mozart stesso scrisse opere italiane ( Le nozze di Figaro, Così fan tutte e Dongiovanni) su libretto di Lorenzo Da Ponte.

“La riforma ha cambiato molto” racconta il direttore “Triennio, vecchio ordinamento, corsi preaccademici. Non è stato facile gestire il vecchio col nuovo”. Prima del 3+2 le porte del conservatorio erano aperte a chiunque dimostrasse un discreto talento e una certa attitudine fisica e musicale. Si poteva fare domanda di iscrizione anche a dieci anni. A dominare era  l’idea di una formazione musicale legata al talento e slegata dal percorso scolastico canonico. “Con il nuovo ordinamento per iscriversi bisogna essere in possesso già di una formazione musicale solida e frequentare, nel caso di lacune nella preparazione, i corsi preaccademici.” Perché al conservatorio si arriva che si sa già suonare. “La difficoltà è stata nel portare avanti i corsi classici, quelli a vecchio ordinamento e quelli nuovi. “Il 3 più 2 in teoria non ha niente che non va in sé. Ma è pur vero che lo studio strumentale è un linguaggio che ha bisogno di tempo per arrivare sotto pelle. “Avremmo bisogno di scuole musicali, di corsi di pratica musicale nelle elementari, di medie e licei musicali, per arrivare al conservatorio ben preparati. Ma questo non è quasi mai possibile, non ce ne sono molti di licei musicali.”

Non è solo il 3+2 la novità. A riscuotere molto successo è il jazz entrato nella didattica nel 2007. E’ possibile seguire corsi di chitarra, piano, percussioni, sax, clarinetto, basso elettrico e voce jazz. E’ confortante sapere che lo studio della musica non ha perso il suo valore, nemmeno in momento di crisi.  “Quella eccome se si sente. Ce ne accorgiamo anche dalle richieste degli studenti di dilazionare i pagamenti. Cerchiamo di venir incontro alle loro esigenze studiando una rateizzazione. Poi ci sono le borse di studio, cerchiamo sempre di incentivare, premiare il loro talento, mettiamo anche a disposizione strumenti musicali in modo che non siano costretti a comprarseli”. Una scuola come il conservatorio non può certo limitarsi alla didattica: i master class, le trasferte, la ricerca e la produzione fanno parte integrante di una formazione musicale completa.

Foto di Simone Dovigo

Ma la crisi non ferma certo il Frescobaldi: le iniziative non si contano più. “La nostra rassegna A casa di (maggio 2013) ha riscosso successo per un motivo molto semplice: siamo andati oltre la classica formula della conferenza, che a volte può scoraggiare i meno motivati”. Da un direttore ciclista non potevamo aspettarci niente di di meno di un progetto musicale itinerante, un mix di tour in bici in pellegrinaggio a casa del compositore Gesualdo da Venosa o di Lucrezia Agujari, di concerti di Mozart e di conferenze classiche. Non mancano le  collaborazioni con il Comune e la Provincia, come nel caso di Ferrara organistica 2013, una rassegna sulla tradizione musicale rinascimentale. “I Musei Civici hanno anche messo a disposizione per i nostri concerti il salone d’onore per una rassegna che ci piace definire rassegna a km 0 , costruita intorno alla disponibilità dei docenti”. E a giugno non ci si limita ai classici saggi di fine anno a scuola: le esibizioni al Bonaccossi sono concerti veri e propri, non spettacoli per famiglie,  di quelli con i genitori con la tele camerina per intendersi. “E guai a dimenticare la nostra Orchestra, ben sessanta elementi, il nostro vanto!”. Patrick, responsabile eventi dell’ufficio produzioni, fa il punto sull’eterogeneità delle collaborazioni del Conservatorio: “ Le realtà sono le più diverse:  non solo il Teatro Verdi e il Ridotto ma anche lo Zuni”. Il bisogno di musica resta forte anche in un mondo dove la cultura è sempre più svalutata e le televisioni sempre più accese. E’ dall’antichità che l’uomo si rivolge alla musica quando vuole accompagnare una parte di sé che arriva o che se ne va. Aziende, agenzie di marketing, club del libro, enti privati, musei, privati, associazioni: tutti si rivolgono al conservatorio.  “Noi valutiamo ogni proposta e se ci sembra dignitosa e se ci sono studenti liberi da impegni accettiamo.” Ci spiega Biagini.

La domanda è banale ma inevitabile: Ma un diplomato in violino che cosa può fare una volta uscito da qui? “Un tempo c’era la scuola: per un posto di supplente alla scuola media bastava una licenza di solfeggio, ora non bastano nemmeno il diploma, la laurea, l’abilitazione, la contro abilitazione. Il mondo della scuola è murato da anni.  E il  settore artistico sta vivendo la sua crisi. Bisogna dire che i bravissimi lavoro lo trovano, alcuni arrivano all’orchestra Mozart di Abbado”. Chiaro, non si parla più di posto fisso, retaggio preistorico quanto la macchina da scrivere e il bucato con la cenere. “Ma io stesso, anni fa, giravo con la valigia, un mese di qua e un mese di là, ma lavoro l’ho sempre trovato. Ora, è vero,c’è più competizione. Il lavoro bisogna anche inventarselo, bisogna essere promotori di sé stessi”. Creando dei gruppi musicali magari.

C’è proprio un annuncio in bacheca: “Cercasi chitarrista e contrabassista per trio jazz violin.” E mi tornano in mente le parole di Giulio Arnofi, qualche sera fa al Clandestino. Giulio è il rappresentante degli studenti del Conservatorio e studente al biennio di chitarra classica. Tra uno spritz e l’altro ci racconta il suo punto di vista: “Il proprio spazio bisogna conquistarselo. Per ora ognuno di noi si da’ una gran daffare. Ripetizioni, matrimoni, inaugurazioni di mostre, va bene tutto, è lavoro. Tanto la  vera soddisfazione, la vita è altrove”. “Magari altrove da qui?”. Giulio esita: “La voglia di Germania c’è, la voglia di Berlino più che altro. Non è mai esistito un musicista provvisto di radici, in nessun posto”. La voglia di sconfinare c’è ma c’è anche il giusto timore, quello di lasciare affetti e progetti per un salto nell’ignoto. Anche perché il paese dei balocchi non esiste. Giulio ha iniziato a studiare chitarra a dodici anni, l’anno è ormai al termine così come le lezioni di armonia, analisi musicale, informatica musicale e musica d’insieme. E chitarra, ovvio, Le lezioni di strumento,però, sono individuali, un aspetto che permette un rapporto con l’ insegnante molto più intimo, quasi 1-1 .“Il bello è che anche l’orario è flessibile. Al mio insegnante posso dire domani non posso, facciamo mezz’ora dopo?”. Le riunioni studenti stesse vertono più che altro sui problemi interni e personali dei frequentanti. Che l’ambiente sia raccolto e informale ne abbiamo conferma durante il colloquio con il direttore. Anna, l’impiegata, bussa alla porta e ci interrompe con un sorriso: “Gli studenti stanno facendo un esame e hanno bisogno di un fissatore”. Il direttore allunga dieci euro.

“E il nostro Auditorium tanto discusso, ne avete sentito parlare?” ci chiede. Scuotiamo la testa, proprio no. Andiamo a darci un’occhiata allora. Cuore pulsante dell’edificio, un pianoforte al centro del palcoscenico, con tanto di studentessa in esercizio, una parete di fondo di organo e 400 posti a sedere. E  una cosuccia non richiesta. L’amianto. L’Auditorium è rimasto chiuso al pubblico dai primi anni ’90 perché la scatola sonora all’interno della superficie muraria contiene amianto. “Per la didattica non ci sono problemi perché l’amianto rimane rinchiuso nel guscio dei pannelli ma non è adatto al pubblico, specie dopo il terremoto dell’anno scorso. Il ministero dell’università ci ha dato fondi per rimetterlo a posto e a luglio si dovrebbe ricominciare a rimuovere l’amianto”.

Manca un’ultima visita prima di lasciare il Conservatorio. La (presunta) cella del Tasso. E’ Anna ad accompagnarci. Si accede da un cortiletto interno, aprendo una porta sprangata e chiusa da un catenaccio. Al quinto tentativo la chiave si apre su un buio assoluto. L’interruttore c’è ma è alla fine di un corridoio tetro. Ci facciamo strada con una pila fino al pulsante e in pochi secondi e la luce elettrica illumina spazi stretti e soffitti bassi che hanno ospitato prigionieri dei secoli scorsi. La cella del Tasso è dietro una grata e una piccola porta.

Con il fresco che ci accarezza la pelle quasi quasi non risaliamo più.

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