Quando ho iniziato le elementari mia madre mi obbligava a portare ampi colletti all’uncinetto fatti a mano da lei. Questi accessori perfettamente studiati per impreziosire anche il maglione più semplice, motivo di vanto genitoriale, erano per me causa di pungenti prese in giro da parte di compagni e amici. Sono passati più di ventanni da quel momento e, anche se le riviste di settore oggi inscrivono il colletto crochet tra i grandi protagonisti degli outfit primaverili, la mia profonda indole fashionvictim esce sconfitta dal confronto con il fantasma dei passati sfottò e non mi permette di indossare questi preziosi merletti senza un retrogusto amaro che ha per me il sapore di lacrime e pastelli a cera.

Ho raccontato questa storiella non per vantare la mia precocità nel campo, ma per sottolineare come questo fenomeno della moda, spesso giudicato futile e frivolo, possa in realtà essere legato a dimensioni profonde del nostro essere. La pensano come me Stefania Barbalace e Elisa Rossini, due amiche unite dalla stessa passione per tutto ciò che è fashion e vintage, che hanno concepito e portato avanti I’m still alive il primo garage sale ferrarese giunto ormai alla sesta edizione.

Il garage sale noto anche come yard sale, per chi non ne mastica, deriva dall’usanza tutta americana di vendere e scambiare oggetti, dischi, riviste, abiti e chincaglierie varie spesso anche amate, ma ormai inutili, dormienti e impolverate, da anni accumulate negli angoli delle soffitte. Il luogo di questa vendita occasionale è tipicamente il garage o il cortile di casa, da qui il nome. La motivazione più popolare della vendita sono le “pulizie di primavera”, ma in questi tempi di consumismo esasperato, ogni scusa è buona per improvvisare il proprio mercatino.

“L’idea è nata circa un anno fa” racconta Stefania, che da Udine, dopo aver peregrinato tra varie università in cerca del suo destino, si è trasferita a Ferrara per lavoro nel 2007. “Dopo qualche anno passato in città, stavo per intraprendere un viaggio che mi avrebbe portato dall’altra parte del mondo, così mi sono ritrovata a riflettere sulla quantità di cose che avevo accumulato negli ultimi anni, che di certo non poteva entrare nella valigia che mi sarei portata a presso per andare verso la mia nuova vita”. Per noi italiani cresciuti al ritmo del “non si butta via nulla” è difficile pensare di vendere o scambiare le proprie cose inutilizzate. Ci stanno convincendo però nuovi modi di farlo che spesso arrivano dall’oltreoceano e dall’oltremanica, dove garage sale, boutique del baratto e swap party sono una scusa come un’altra per passare un pomeriggio con gli amici e fare shopping di qualità. 

Foto di Eugenio Ciccone

“Le difficoltà iniziali sono state tante” prosegue Elisa, giovane mamma di origine ravennate che a Ferrara oltre al lavoro ha trovato anche l’amore. “Ed è stato grazie all’aiuto di molte persone che hanno creduto nel nostro progetto se oggi siamo giunti alla sesta edizione. La ricerca iniziale è partita dalla scelta di un posto che potesse adattarsi ad essere allestito come una sorta di mercatino. La nostra preferenza è finita su Zuni, oltre per la disponibilità dei titolari, anche per l’impostazione dell’arredamento che ci permetteva di stravolgere il locale durante la serata I’m still alive.”

Grazie a preziosi consigli da parte di amici e conoscenti sono riuscite a superare ogni genere di impedimento, anche quello più difficile che riguarda gli scogli burocratici che comporta un sistema di vendita/scambio tra privati. “È come essere parte di un collettivo” Dice Stefania accennando al fatto che il contributo degli amici è stato costante per organizzare l’evento. Chi si è reso disponibile per la grafica, chi per fare le foto dell’evento fino a qualche amico che si è proposto per il dj set che solitamente accompagna la serata. Si sentono fortunate per aver potuto realizzare tutto questo e per aver ottenuto un buon seguito dimostrato anche dal successo della pagina Facebook che seguono personalmente postando consigli e proposte sempre nuove.

I’m still alive è così divenuto un appuntamento ricorrente per la città. Un momento in cui, anche grazie alla disponibilità e ai sorrisi delle organizzatrici, formalismi tipici dei piccoli centri di provincia riescono a sciogliersi. L’utile e il dilettevole si incontrano da Zuni, che diventa una cornice colorata dove consapevolezza di consumare eticamente, reciprocità e interazione tra la gente, diventano ingredienti fondamentali di un nuovo modo di creare aggregazione.

Forse un po’ inconsapevolmente, le due paladine del Garage sale nostrano hanno contribuito a sviluppare un nuovo modello di convivenza che cresce spinto non solo dalla condizione socio-economica attuale, ma anche dalla volontà di vivere in maniera alternativa la quotidianità mettendo in primo piano un nuovo stile di vita che prevede maggiore attenzione per il prossimo e più rispetto per ciò che ci circonda.

Si parla poi del lato poetico che si rispecchia anche nel nome I’m still alive: sono ancora vivo. La missione del Garage Sale è quella di riportare in vita vecchi oggetti, riscoprire il contenuto di antichi bauli, recuperare ciò che è stato semidimenticato nella polvere delle soffitte per farlo rivivere in nuove mani e dargli una nuova possibilità di utilizzo.

Alla domanda “Cosa ci guadagnate?” si guardano in faccia e scoppiano a ridere. I ricavi della serata bastano appena per pagare il materiale che forniscono per la vendita e la stampa dei manifesti per l’edizione successiva. La loro politica è quella di concedere i tavoli agli improvvisati venditori a pochi euro, per far sì che la gente si senta davvero come se stesse vendendo nel proprio cortile. Ed è questa l’aria che si respira da Zuni durante quelle serate che è difficile definire solo con quel nome all’inglese pure un po’ostico per noi ferraresi.

Viste le passioni in comune, finiamo per chiacchierare fitto fitto e Stefania e Elisa si lasciano andare e mi raccontano che ciò che ripaga il loro lavoro sono piccole soddisfazioni. Come trovare qualcuno che viene colpito da un oggetto del passato che hanno amato e che magari non era stato capito, andare in giro per la città e vedere indosso ad un’altra la t-shirt della loro adolescenza, trovare un vicino di bancarella squattrinato al quale proporre un cambio merce interessante o farsi conquistare dalla bellezza di un capo vintage.

“Se l’idea iniziale era quella di liberare l’armadio, nella maggior parte dei casi vale la regola del tanti presi, tanti spesi perché è inevitabile, soprattutto per chi lavora nel campo del fashion come noi, di farsi incuriosire dalle bancarelle altrui e perdersi alla continua ricerca di un gioiello o un nuovo pezzo da amare come quelli lasciati andare.” Dice Elisa passando in rassegna alcune delle chicche acquistate alle scorse edizioni.

“La prospettiva ora è quella di trovare supporto dalle autorità locali per poter organizzare un Garage sale in uno spazio più grande o all’aperto, magari durante uno dei festival estivi. Ampliare lo spazio significherà anche dare la possibilità ai venditori di portare più cose e potersi focalizzare su pubblici diversi.” Conclude Stefania. Queste ragazze sono dei veri vulcani di idee! Sono riuscite in poco tempo a far nascere dalla loro passione un angolo di mondo carico di energie e a regalare alla città un momento di spensieratezza, di scambio e di incontro che la rende un posto migliore.

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