Come la Springfield di un vecchio e spassoso episodio de I Simpson, anche Ferrara ha il suo Barone Birra. Il suo nome è Marcello Colombari, ha ventotto anni e a differenza di Homer Simpson non deve fare i conti col proibizionismo (pur temporaneo). Anzi, la birra artigianale si vende legalmente e con discreto profitto. Marcello è il ragazzo che da quasi due anni porta in giro il marchio Birra Frara e da quanto mi viene detto la sua è l’unica birra artigianale ferrarese. Il quartier generale di Birra Frara è nel centralissimo tratto di via Carlo Mayr che collega via San Romano a piazza Verdi. Il termine quartier generale potrebbe fare pensare a un palazzo, quando in realtà si tratta di uno spazio tutto sommato modesto, ma ben tenuto.

Prima di entrarvi non avevo idea di come funzionasse il processo produttivo della birra artigianale. Ammetto di essere rimasto alle leggende universitarie di vasche da bagno, strani alambicchi e degustazioni clandestine finite non troppo bene. In particolare ricordo di aver speso buona parte di una serata di qualche anno fa ascoltando i resoconti della produzione più o meno clandestina del Baranza, storico personaggio della facoltà di Architettura. Ad ogni modo, è proprio Marcello a raccontarmi che i kit per fare la birra hanno costi piuttosto contenuti e che si vendono bene. Appoggiati su una mensola in un lato del suo negozio ne tiene un paio assieme a tutto il necessario per improvvisarsi birrai e ricavare, se va male, il biasimo di genitori e coinquilini. In fondo anche Marcello ha iniziato così, e sua madre gli chiese se fosse per caso impazzito.
Quello che ho capito è che non ci si sveglia un mattino e ci si dice: “Voglio fare il birraio”. Però poco ci manca. “Il mio interesse per la birra – mi fa sapere Marcello, detto Marz – è iniziato a un’età che è meglio non dire. Quando uscivo con gli amici mi capitava di bere tre birre diverse in una serata per pura curiosità. Alla terza però la mia capacità di distinguerne le caratteristiche calava drasticamente”. A diciannove anni lui e un amico decisero che valeva la pena di fare un esperimento e produrre una lager casalinga (una birra chiara a bassa fermentazione) che a oggi Marcello definisce “bevibile”. Fu scolata rapidamente nel corso di una serie di cene appositamente organizzate con la compagnia dell’epoca. Era il 2003 e gli studi di lingue all’università di Ferrara iniziavano pericolosamente a traballare di fronte al proposito di occuparsi di birra a tempo pieno.

Dall’esperimento al perfezionamento il passo è breve: “Nel 2004 seguii un corso di degustazione e uno di birrificazione, rispettivamente a Mantova e a Scandicci. Questo mi permise di imparare tutte le basi necessarie per fare nuovi esperimenti, un po’ più raffinati. Comprai altra attrezzatura e provai nuove ricette, rendendomi conto che forse avrei potuto farne davvero un mestiere”. A giudicare dalla dovizia di particolari che infila nella spiegazione del metodo produttivo ne deduco che fare il birraio richieda dosi massicce di pazienza e meticolosità. Pare si tratti di essere qualcosa a metà tra un piccolo chimico e un sommelier. Mentre Marcello spiega il processo che parte dall’orzo macinato e finisce alla birra prendo appunti, annotando termini tecnici di cui non mi prendo la briga di chiedere la natura. Vi basti sapere che per produrre ventitré litri di birra si impiegano nove ore. E che l’imbottigliamento è la parte meno divertente, perché in sede casalinga servono più di due ore per riempire cinquanta bottiglie da mezzo litro.

Foto di Giacomo Brini

Torniamo alla storia: la svolta per Marcello arriva quando decide di mandare definitivamente all’aria gli studi e di iniziare a lavorare in alcuni pub e in seguito per un’azienda importatrice di birre britanniche che ha sede a Sant’Agostino. “Lì mi sembrava d’essere in un parco giochi” dice Marcello ridendo di gusto. “Lavorando in quella azienda ho perfezionato la ricetta per l’Eretika, quella che sarebbe diventata la mia prima birra prodotta con l’etichetta Birra Frara, assaggiando un numero sproposito di american pale ale”. Per i non avvezzi al linguaggio tecnico: Wikipedia definisce la american pale ale come “una birra avente un colore che può variare dall’oro intenso al rame, con amarezza, sapore e aroma dominati dal luppolo. Le pale ale hanno una corposità media e un livello di malto medio basso”. Insomma, Marcello arriva nel 2011 con in testa la ricetta per la sua prima birra e la voglia di mettersi in proprio. Lo fa quando è estate, accordandosi con un birrificio di Parma che mette a disposizione il suo impianto in affitto ai birrai artigianali come lui. A ogni giro Marcello produce mille litri esatti di birra. Nascono l’Eretika, di cui s’è già detto, e la Hydra, una bionda che la brochure ufficiale di Birra Frara definisce “delicatamente floreale”.

Il furgone diventa la seconda casa di Marcello: durante il primo anno di anno di attività gira in lungo e in largo per le strade della provincia ferrarese e anche oltre. Piazza la sua birra a pub e ristoranti (circa trenta a Ferrara e dintorni), ne spilla buone quantità alle fiere campionarie e ne vende bottiglie grazie ai piazzamenti dello spaccio mobile. Quest’ultimo consiste nel prendere posto lungo una strada e contare sull’attrattiva del cartello giallo con scritto “Spaccio Birra”, che di per sé fa un pochino sorridere per la sua ambiguità. Però stando a quanto racconta Marcello questa tecnica funziona. “A parte quando le pattuglie di polizia decidono di appostarsi pochi metri di distanza per pizzicare gli automobilisti”. Pare che i tutori dell’ordine non abbiano mai ceduto alla curiosità di chiedere un assaggio mentre erano di pattuglia. Riconoscimenti meno profani arrivano nel frattempo dagli specialisti: l’Eretika vince il primo premio al concorso Birra Nostra 2012 e la “Boia” (la terza nata di casa Colombari) viene insignita del titolo di “Grande Birra” dalla guida delle birre di Slow Food. Successi che convincono Marcello ad allargare il suo business: ad agosto 2012 apre il negozio che tuttora si può trovare in via Carlo Mayr, a fianco di un noto pub cittadino che peraltro spilla la sua birra, tra le altre. La sua doppia veste di birraio e di manager non gli permette di starci sempre e così a dargli una mano c’è una giovane collaboratrice di nome Letizia.

Nasce addirittura una squadra di calcio a cinque griffata Birra Frara: “Ma io non ci gioco perché il livello medio è davvero alto”. Almeno si scolano delle gran birre? “Per la verità nemmeno troppe”, altra risata. Grazie ai 36mila litri (!) prodotti nel primo anno di attività nel dicembre 2012 la Camera di Commercio di Ferrara premia Marcello come giovane imprenditore dell’anno, definendo “spumeggiante” la sua carriera. Egnent, mi viene voglia di esclamare se solo non fossi irrimediabilmente veneto. Di certo Marcello non mi pare avere la spocchia di quegli  imprenditori figli-di-qualcuno-di-importante che vedi ai convegni dei giovani di Confindustria. Dietro al suo successo c’è una dose di sbattimento decisamente corposa. E ovviamente ci sono anche momenti critici. “Dopo il terremoto il volume degli affari è calato, sembra quasi la città sia rimasta paralizzata per dei mesi in preda alla paura. Ora si inizia a risalire un po’, ma da quando ho aperto il negozio ne sono capitate di tutte i colori: governo tecnico, aumenti Iva, aumenti dei carburanti… mi viene da pensare di aver innescato un po’ di sfiga”.

Marcello ci ride su e fa leva sulla sua determinazione, non mancando di sognare un ulteriore passo avanti. Da qualche mese ha tenuto a battesimo la sua quarta birra, la Lucretia, un’altra bionda stretta parente delle omologhe di origine belga. I nomi, si sarà capito, sono scelti allo scopo di rivendicare le ferraresità dei prodotti: in quest’ultimo caso è esplicito il riferimento a Lucrezia Borgia, mentre sull’etichetta dell’Eretika campeggia sullo sfondo la sagoma di Girolamo Savonarola. Prima di congedarmi chiedo a Marcello se a più di dieci anni da quel primo esperimento sua madre abbia cambiato idea sull’idea della birra. “Decisamente sì, anzi, dai miei genitori ho ricevuto molto più sostegno di quanto mi aspettassi!”. Ma la volontà è quella di prendere il volo da solo in totale autonomia: “Un giorno mi piacerebbe dotarmi di uno spazio un po’ più grande per tenere insieme negozio e magazzino e magari ingaggiare dei collaboratori. Ma per adesso il margine economico è stretto e devo ragionare con prudenza”. Dopo quasi un’ora e mezza a parlare di birra in un negozio pieno di birra, mi è venuta sete. Quindi decido di portare a casa con me un paio delle bottiglie marchiate Frara. Il contenuto era decisamente buono.

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