Il 1948 rappresenta uno degli anni più significativi della storia del nostro Paese, uno snodo del Novecento italiano. È, infatti, l’anno dell’entrata in vigore della Costituzione e delle seconde elezioni politiche del dopoguerra. Nel nostro territorio rappresenta anche l’inizio di una “piccola” storia, ambientata a Pontelagoscuro. Nel ’44 il paese è raso al suolo dai bombardamenti inglesi intenti a colpire le truppe della Wehrmacht in fuga. Nel ‘48 un imprenditore fiorentino, Moncini, compra un edificio per farci un cinema, il Cinema Astra.

È qui che, più di quarant’anni dopo, nel 1989 (altro anno simbolo della Storia) si insedierà la Cooperativa Teatro Nucleo. Ed è qui che ho incontrato Natasha Czertok, figlia di Horacio e di Cora Herrendorf, fondatori del Teatro Nucleo a Buenos Aires nel ’74, e Antonio Tassinari, coordinatore del Gruppo Teatro Comunitario. È proprio lui a raccontarmi come nasce l’edificio: “Nel 1948 lo compra il signor Moncini, fiorentino come me, il quale già possedeva un cinema a Santa Maria Maddalena”. In realtà qualche anno prima questo luogo è costruito per essere un magazzino di granaglie, ma non è mai usato per questo scopo. “Il cinema sopravvive fino al ’66, ed è l’unico luogo di ritrovo, di socializzazione del paese. Al suo interno “si svolgono anche i balli di fine anno, si fanno feste, una volta addirittura si svolge un incontro di boxe! Il nostro spettacolo Gran Cinema Astra racconta pezzi di storia d’Italia attraverso la vita degli avventori e dei gestori del cinema”.

Horacio e Cora nel 1977 fuggono dall’Argentina, “durante la dittatura militare, quindi anche per motivazioni politiche”, mi spiega Natasha e arrivano a Ferrara, dove sono invitati dall’ex direttore dell’ospedale psichiatrico di via Quartieri a lavorare nei reparti. “É il periodo della Riforma Basaglia, della legge 180, del processo di destabilizzazione manicomiale. Per questo li chiamano, per “aprire” i manicomi. Cora e Horacio si fanno dare una piccola sala dentro l’ospedale e lì iniziano a fare dei laboratori…alla fine diventa qualcosa di più, quasi un centro sociale”, continua Antonio, arrivato a Ferrara nel 1981. Il Teatro Nucleo di via Quartieri diventa un luogo d’incontro, soprattutto per giovani e per artisti, “per quasi tre anni c’è anche Ares Tavolazzi, viene per provare la sua musica”. Nel 1989 il manicomio chiude e quindi il Comune è costretto a spostarli, ma trova loro una sede alternativa, appunto quello che sarà poi chiamato Teatro Cortázar, in omaggio al grande scrittore argentino che ispirò anche Antonioni per Blow-up. Fino al 1999 l’edificio è utilizzato solo come “laboratorio di produzione, sala prove”, continua Natasha, “noi del Nucleo – mi dice Antonio – siamo un corpo estraneo rispetto al paese, ci interessa solo lavorare, siamo visti come artisti un po’ matti”.

Per farlo diventare una sala teatrale, il Comune, usando anche un finanziamento regionale, inizia i lavori per ristrutturarlo, per trasformarlo in un luogo pubblico. I lavori di ristrutturazione si svolgono dal 1999 fino al 2005. In questo periodo il Teatro Nucleo si sposta in una sede provvisoria a Ferrara, nell’ex canapificio in via Prinella. Già nel 2003, però, iniziano a utilizzare la nuova sede in fase di ristrutturazione. Come mi spiega Natasha, “la prima esigenza del Teatro Nucleo diventa quella di creare un progetto che possa insediare, radicare il Teatro, in modo che la struttura stessa sia accettata, assorbita dalla comunità, che non sia una specie di astronave calata dall’alto, isolata, ma un luogo per tutti”.

Foto di Valerio Spisani

Da questo ragionamento nasce l’idea, nel 2005, del mural che ricopre le due facciate dell’edificio: “Una parte (a ovest) ritrae la storia di Pontelagoscuro, con alcuni personaggi reali, e l’altra facciata (a est) ritrae la storia del Teatro Nucleo, attraverso gli spettacoli della compagnia”. Negli anni, quindi, molti progetti sono pensati in quest’ottica di radicamento nel territorio, non solo di Pontelagoscuro, ma anche cittadino e provinciale. “Per il mural sono invitati due amici di Buenos Aires, Omar Gasparini e Ana Serralta – continua Natasha -, chiamati anche per il loro metodo di coinvolgimento della comunità”. I due artisti creano due “murales partecipati”: “Facciamo un’assemblea con singoli e associazioni per discutere insieme su cosa raffigurare – mi spiega Antonio. Molti portano materiale sulla storia di Pontelagoscuro. E il dipinto è colorato in parte anche da alcuni abitanti, e dai bambini. Per questo, nessuno l’ha mai toccato, lo considerano sacro insomma…solo le intemperie l’hanno un po’ rovinato!”

Il Gruppo Teatro Comunitario – nato nel 2006 grazie al Teatro Nucleo, al Comitato Vivere Insieme di Pontelagoscuro, al Centro Servizi per il Volontariato e al Comune di Ferrara – è lo sbocco naturale del progetto dei murales. “Quando parliamo di Teatro Comunitario parliamo di artisti che si mettono a servizio della gente e insieme alla gente – mi spiega Antonio -, lavorando fondamentalmente sulla memoria del territorio. È un luogo di trasformazione personale e della comunità, ed è anche un luogo creatore di comunità. È arte partecipata, c’è una partecipazione attiva della cittadinanza”, dai bambini fino agli anziani. Il gruppo diventa subito “un polo d’attrazione e uno specchio della comunità, uno strumento di autocoscienza per le persone, di coscienza sociale”, aggiunge Natasha.

E quando si parla di formazione di una coscienza comune, condivisa, d’identità collettiva, diventa inevitabile parlare della Resistenza antifascista e delle celebrazioni che anche quest’anno li vedono protagonisti a Ferrara. “Liber/azione è un progetto che nasce nel 2010, quando l’ANPI di Ferrara ci propone di organizzare una festa per il 25 aprile, per uscire un po’ dalle celebrazioni ufficiali”. Nei giorni precedenti la Liberazione, in città c’è una forte campagna informativa da parte dei partigiani, che occupano anche diverse scuole e la caserma di via Cisterna del Follo, fino alla cacciata degli ultimi tedeschi e fascisti rimasti. La mattina del 24 aprile 1945 le truppe alleate e le brigate partigiane entrano a Ferrara, provenendo dal Reno e dirette verso il Po, dopo aver attraversato i maggiori comuni della provincia. Ad accogliere i liberatori, un’immensa folla che si riversa nel centro cittadino. “Questo spettacolo – prosegue Antonio – non ha un intento agiografico, ma vuol provare a ricreare la memoria di quell’attimo, non vuol essere una semplice rievocazione storica, ma gli attori provano a rivivere e a far rivivere veramente quel clima. Anche gli spettatori del nostro spettacolo sono parte dello spettacolo stesso in quanto, rappresentando la folla che accoglie i partigiani e gli alleati, sono protagonisti della storia”.

Cercare, insomma, di vivere quei momenti catartici, quell’apice di passione e di gioia, in cui “il futuro era enorme e luminoso”. La Resistenza a Ferrara e provincia è costata alle Brigate garibaldine “Rizzieri” e “Babini” la perdita di 537 partigiani, di cui 431 caduti in combattimento e 106 fucilati. La fiducia in un avvenire migliore, però, dominava la città. Come scriveva Giorgio Franceschini, partigiano ferrarese scomparso un anno fa, nella sua “Ferrara, 24 aprile 1945”,

“…nuovi amanti
a strappi di mitraglia, alzano
liberi canti e l’eco
fuga il silenzio e fallaci fantasmi.”

10 Commenti

  1. natasha scrive:

    Grazie mille ad Andrea per l’articolo e a Valerio per le foto…è stato un piacere collaborare con voi! in bocca al lupo per ListoneMag …ci voleva proprio questa ventata d’aria fresca…

    • Andrea Musacci scrive:

      Grazie a voi per averci ospitati e per il bellissimo incontro!
      E grazie per la commuovente giornata di ieri. Non ci sono parole per descrivere l’atmosfera che si respirava ieri pomeriggio a Ferrara durante il corteo!

  2. Flavia Franceschini scrive:

    Commossa e sorpresa ..grazie

  3. Laura Postina scrive:

    Faccio parte del gruppo Comunitario e il 25 Aprile ero anch’io lì in piazza con i miei compagni a celebrare questa festa. Grazie Andrea per le bellissime foto!

  4. FerraraContact scrive:

    Vorrei segnalare il bellissimo libro di Horacio Czertok:
    “Teatro in esilio: appunti e riflessioni sul lavoro del Teatro Nucleo”

  5. Valerio Spisani scrive:

    Ci mancherebbe, grazie a voi per l’ospitalità, è stato un piacere sbirciare negli angoli con la mia macchina fotografica 🙂

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